Giorno #6: Blackout.



Bel modo di cominciare l'anno. Nel corso del pomeriggio è arrivato un terzo zombie nella piazzetta davanti a casa mia: basso, esile e con il braccio sinistro tutto scarnificato. Forse un adolescente del paese. Anche lui si è sistemato in attesa, a qualche metro dagli altri due. Sentono il mio odore?
Per di più, qualche minuto fa è saltata la corrente nel mio appartamento, probabilmente la valvola nel seminterrato; il mio computer portatile ha il 98% dell'autonomia. Ho abbassato al minimo la luce dello schermo e attivato il risparmio energetico, ma non resisterà più di quattro ore.
In un cassetto ho trovato una vecchia cartina del Ticino risalente ai tempi della scuola elementare: mi dirigerò a nord, verso Zurigo, nella speranza che lì sia stata organizzata la resistenza e, forse, trovato un antidoto. Certo che partire da Pedrinate, il Comune più a sud della Svizzera è un cazzo di svantaggio, ma non ho molte opzioni a mio favore. So che dovrò evitare le strade principali dove probabilmente si sono affollati i morti viventi e spingermi a nord, fino a raggiungere la galleria del San Gottardo. Avrò bisogno di buone scarpe.
Passerò le prossime ore a radunare il necessario e a preparare un sacco. Poi, nel corso della notte, spedirò e-mail a tutti gli indirizzi nella mia rubrica per scoprire se qualcun altro è sopravvissuto all'infezione. Ho una chiavetta internet che pare ancora funzionare; spero di trovare rifugio in posti che dispongano ancora di elettricità, così da spedire qualche aggiornamento sullo stato delle cose.

Questo potrebbe anche essere il mio ultimo messaggio, ne sono consapevole. Se così fosse, sappiate che Cristiano Camporosso è morto da uomo libero, sulla strada per la verità e la libertà. E se mi vedete girovagare per il Ticino come uno di quei cosi, fatemi il favore: sparatemi un colpo in testa.

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