Stamane
alle 9.45 è arrivata sul blog il commento tanto agognato: “Non
siamo morti, passa pure!”
Ho
afferrato il PC e sono corso di sotto da Massi.
“Ci
sono sopravvissuti!”
Lui
ha alzato gli occhi al soffitto. “Ah, vabbé” e ha infilato due
spade in altrettante guaine sistemate a croce dietro la schiena.
Allora
sono andato da Viola e l'ho informata.
“Avremo
bisogno di mandare un segnale”, mi ha detto.
“Forse
ho quel che ci serve!” Sono sceso in cantina e sono tornato con una
collezione di fuochi d'artificio che avevo scorto in un armadio
l'altro ieri, probabilmente avanzati dopo i festeggiamenti del Primo
d'Agosto. “Con questi ci vedranno di sicuro.”
“Buona
idea”, ha detto lei e ha caricato sulla barca due bottiglie
d'acqua, dei biscotti, un kit farmaceutico da viaggio e delle
coperte. “Non si sa mai.”
Siamo
partiti poco dopo le 10, attorno a mezzogiorno eravamo nei pressi di
Melide. Il ponte diga e la cantonale erano pieni di automobili e
zombie, proprio come avevo visto tramite le webcam.
“Ora
in silenzio”, ha ordinato Massi alzando la mano aperta, “cerchiamo
un punto dove attraccare.”
“Forse
conosco un buon posto.” Ho remato fino al lido di Melide, c'erano
solo due o tre morti viventi sul prato. “Sul perimetro c'è una
ramina alta due metri e l'unico passaggio a disposizione è davanti
al bar. Dovrebbe garantirci una buona copertura, anche se
temporanea.”
“Va
bene recluta”, ha detto il sergente maggiore appoggiando il fucile
sul fondo della barca, “non fare niente finché non torno.”
Si è avvicinato
“Pronti?”
ci ha chiesto Massi.
Abbiamo
annuito. Ha tirato fuori un Zippo da tasca e ha acceso la miccia.
“Let's rock, baby.”
I
razzetti sono partiti in aria e hanno fatto un bel baccano per una
trentina di secondi. Abbiamo aspettato nei pressi della barca per una
decina di minuti, in silenzio e pronti a partire, fino a quando
abbiamo sentito un'esplosione.
“Che
cos'era?” abbiamo detto in contemporanea.
Ci
siamo avvicinati al bar del Lido che fortunatamente aveva la porta
chiusa a chiave. Uno zombie col grembiule sporco di sangue e una mano
mozzata si è messo a sbavare sul vetro, tentando di raggiungerci. La
situazione fuori era bella incasinata: il campo da calcio del Melide
e il parcheggio di Swissminiatur erano infestati di morti viventi,
almeno una cinquantina a occhio e croce. Ma non si sono interessati a
noi: si stavano tutti dirigendo verso il nucleo.
“Stanno
arrivando!” ho detto.
“Ma
se stanno andando da tutt'altra parte?!” ha replicato Viola.
“Non
gli zombie! I giornalisti, i sopravvissuti. L'esplosione è un diversivo, stanno cercando di
passare dal nucleo!”
Massi ha risguainato le spade.
“Pronti a correre.”
Il
tempo non sembrava passare mai e le strade verso il paese si
affolavano sempre più. A un certo punto abbiamo sentito delle grida
in lontananza, qualcosa di indistinguibile, poi il silenzio.
“Due
minuti e ce ne andiamo”, ha ordinato Massi.
Ho
fatto un passo avanti e ho allungato il collo.
Possono
farcela, devono farcela!
Massi
ha picchiettato l'indice sull'orologio. “Tempo scaduto, si va.”
“Aspettiamo
ancora un attim–”
Mi
si è avvicinato, il suo viso a un niente dal mio. “RECLUTA, HO
DETTO CHE SI VA!”
L'alito
gli puzzava di fogna, ma ho sostenuto il suo sguardo e non mi sono
mosso di un centimetro.
“Ragazzi,
ce n'è uno!”
Viola
si è guardata intorno e ha fatto una ventina di metri di corsa verso
il campo da calcio. C'era un ragazzo alto dai capelli neri in
lontananza, con un blazer scuro su una maglietta bianca: stava
correndo verso di noi. Proveniva dalla cantonale, era riuscito a
evitare l'assembramento di zombie nelle strade del nucleo; zoppicava
vistosamente e ne aveva una dozzina alle calcagna.
“Fermatevi,
ci sono, ci sono!” ha urlato.
Pessima
idea. Gli zombie diretti verso il paese si sono dirottati verso di
lui mentre era ancora davanti al bar Il Grande Fratello. Rimaneva
tutto il campo da attraversare.
“Non
ce la fa, così non ce la fa!” ha detto Viola correndo verso di
lui.
“Viola
resta qui!” ho gridato.
“Stupida
puttana, partiamo senza di lei.”
“Scordatelo,
dobbiamo aspettarla.”
Intanto
Viola aveva raggiunto il ragazzo e lo stava aiutando a correre. Erano
già a metà campo, ce la potevano fare.
“Dai
dai dai!” ho gridato andando loro incontro. Ho preso il giovane per
l'altro braccio e li ho aiutati ad accedere al Lido e a percorrere
gli ultimi metri. Intanto Massi si era spostato vicino alla barca, ai
remi.
“Muovete
il culo, stronzi!”
Ci
siamo buttati sull'imbarcazione proprio mentre il gruppo di morti
viventi superava il varco davanti al bar; ancora qualche secondo e ci
avrebbero fatto il culo.
Mentre
Massi remava verso il largo e ci squadrava con gli occhi socchiusi,
abbiamo ripreso fiato.
“Dove...
Sono... Gli altri? E Andrea?” ho chiesto tra un respiro e l'altro.
“Loro...
Loro sono morti. Sono sfuggito per miracolo.”
L'ho
guardato meglio. “Ma tu sei...”
Non
ho potuto terminare la frase perché la barca ha urtato contro la
piattaforma sul lago, a una ventina di metri dalla riva.
“Ehi,
guarda dove vai!” ho detto a Massi.
Lui
in tutta risposta si è alzato in piedi e ha estratto una spada,
puntandola al collo del ragazzo.
“Tu,
scendi.”
Lui
ha deglutito. “Ma... Ma cosa dici?!”
“Non
te lo ripeterò una seconda volta.”
“Massi
ma che stai facendo?” ho chiesto io mettendomi in piedi. “Non sai
chi è? Non l'hai mai visto in televisione?”
“Non
me ne frega un cazzo. Guardategli la gamba.”
Io
e Viola abbiamo abbassato lo sguardo: sopra delle sneaker sporche che
un tempo dovevano esser state gialle fosforescenti, c'erano dei jeans
sbrindellati e macchiati di sangue sulla gamba destra.
“Alza
il risvolto, da bravo” gli ha mormorato Massi avvicinando la lama.
Lui
lo ha guardato per qualche secondo e ha eseguito. Aveva una brutta
ferita sul polpaccio. “Mi sono tagliato su una ramina arrugginita,
gli altri sono rimasti impigliati e... Anche quelli che lavoravano in
radio con me, sono...” Ha preso un sospiro. “Non ce l'hanno
fatta.”
“Plausibile”
ha annuito Viola.
“Hai
sentito? Giù quella lama!” ho ordinato a Massi.
Lui
ha sfoderato la seconda spada e l'ha puntata verso me.
“Può
essere come non può essere. Ora vi dico cosa facciamo: il nostro
caro amico qui presente scende dalla barca e si sistema su quella
piattaforma. Gli lasciamo passare la notte tranquillo, con una bella
crema disinfettante da mettere sul taglio, qualche coperta, cibo e
acqua. Tanto da una parte ha il lago, dall'altra un mucchio di
zombie” e ha fatto cenno alla costa che ormai brulicava di morti
viventi. “Non penso avrà voglia di farsi un giro. Domani mattina
torniamo, sale a bordo e io gli porgerò le mie scuse. Ci sono
domande?” Ho aperto bocca ma non mi ha dato il tempo di rispondere.
“Nessuna domanda. Eseguire.”
“Smettila
Massi, tu non sai chi è lui, è in buona fed–”
“Subito”
e ha digrignato i denti.
Lo
abbiamo lasciato lì con coperte, provviste e la crema cicatrizzante.
“Allora,
a domani. E scusalo, è fatto così” ho detto mentre Massi remava e
la barca si allontanava dalla piattaforma. Lui si è messo una
coperta sulle spalle e non ha detto niente. Si è voltato verso gli
zombie e ci ha rivolto le spalle finché non sono più riuscito a
distinguerlo.
“Vedrai,
la notte passerà in fretta” mi ha sussurrato Viola coprendosi la bocca con la mano, senza farsi
sentire da Massi.
Ho
fatto di sì con la testa. “Va bene. Aspettiamo.”
Il ragazzo dai capelli neri che ha presentato in televisione... Forte! :-)