Fermi
al palo. La neve in pianura ci ha bloccato per tutto il giorno, di
sole se ne è visto poco niente e i generatori sono ormai scarichi.
Siamo ridotti alle candele dalle 19 di stasera.
“Partiamo,
andiamocene, con la caviglia ce la faccio” ho ripetuto per tutta la
mattinata a Massi.
“Troppo
rischioso” ha risposto lui prima di sputare a terra e andarsene.
“Ma
che ha? Si preoccupa per me?” ho chiesto a Viola.
Ha
scosso la testa. “Non hai capito una sega. Ha paura di lasciare
tracce sulla neve.”
“Ma
gli zombie mica ci seguono, non sono mica intelligenti a quel punt–”
“Si
preoccupa degli altri, deficiente. Degli altri vivi.”
Cavolo,
era vero. Capitava in tutti i film: prima o dopo, c'era sempre il
momento in cui i sopravvissuti iniziavano a spararsi tra di loro.
Massi
è tornato indietro. “Neve o non neve, domani mattina partiamo”
ha detto aprendo il frigo.
Aveva
visto delle orme in giro, oppure è semplice precauzione?
L'avvenimento
di oggi è che ho ricevuto due nuove e-mail da parte di superstiti.
Una è di Pablo, l'uomo che ha organizzato la trasmissione radio di
emergenza. Stanno tutti bene, anche se mi pare siano ancora assediati
negli studi di Besso e sarà difficile raggiungerli.
L'altro
è Andrea – non lo sentivo più da dicembre, praticamente. Sono
rimasti in otto a Melano, e per fortuna sono ancora sani e salvi. Anche loro
hanno subìto diversi blackout e se la cavano con due generatori, anche
se le provviste sono agli sgoccioli. Ricevono ancora notizie
dall'estero: l'infezione sembra aver colpito il mondo intero, porca
puttana, ma rimangono forse alcune isole incontaminate. Conferma
anche che a Zurigo c'è tuttora speranza, e che probabilmente sono riusciti a
isolare il virus. Altre novità non ne hanno ricevute, e temono il
peggio.
Se
radio e televisioni non riescono ad avere altre informazioni
nonostante antenne, collegamenti e quant'altro, mi sa che rimane solo
la soluzione iniziale: superare il San Gottardo e controllare di
persona.
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