Ho
parlato con Viola fino a dieci minuti fa, sgranocchiando biscotti e
cioccolato militare. Non possiamo dire di essere diventati amici, ma
perlomeno ci conosciamo un po' meglio. Viene da Cantù, è stata
campionessa regionale di tiro con l'arco in campagna (quelle con le
sagome tridimensionali a forma di bestia, mi ha raccontato) ed è in
viaggio da quasi due settimane. Si è spostata qua e là per diversi
giorni, senza una meta precisa: in nord Italia la situazione è
incasinata forse peggio che qua.
“I
centri commerciali della zona sono stati presi d'assalto, muoversi in
automobile era praticamente impossibile. Il 23 dicembre, di mattina,
sono corsa al mio campo d'allenamento con qualche provvista nello
zaino e ho fatto rifornimento di frecce: ho provato a tornare a casa,
ma non ci sono più riuscita. Ho abbandonato l'auto a bordo
strada e ho proseguito a piedi, per boschi.”
“Hai
lasciato indietro qualcuno?”
Ma
non mi ha risposto. Allora le ho raccontato di me e di com'ero
capitato fino a lì.
“Mi
sono trovato in difficoltà vicino alla dogana di Bizzarone, ma sono
riuscito a farla saltare in aria così tutti gli zomb–”
“Sei
stato tu?” mi ha chiesto puntandomi l'indice addosso.
“Be',
sì.”
Ha
applaudito. “Bravo, complimenti. Quel fumo si sarà visto a
chilometri di distanza. Bel genio del cazzo, sei.”
Ho
sbattuto le palpebre tre o quattro volte. “In che senso?”
E
mi ha raccontato quello che aveva visto in quelle due settimane, per
strada. L'abitudine degli zombie di riunirsi e di muoversi in branco,
come mandrie. La loro instancabilità nell'inseguire qualcuno per
chilometri e chilometri, anche a costo di trascinarsi sui soli
gomiti, con le gambe spezzate. La loro capacità di circondare le
vittime, di scorticarle un morso alla volta.
“Con
quel giochino dell'esplosione hai radunato nella zona tutti i morti
viventi di Lombardia e Mendrisiotto, e prima o poi si metteranno in
marcia. Per prenderci.”
“Ma
non mi hanno inseguito, non ne ho visto nessun–”
“Arriveranno,
stanne certo. Possono fiutarti quei bastardi, non so come fanno. E non penso che il cancello qui fuori sia poi così
resistente. Devo andarmene di qui, e in fretta.”
“Devo?”
Ha
scrollato la testa. “Certo non ti ci porto con me, imbranato come
sei. Ti sei fatto mettere sotto da uno zombie solo, non resisteresti
un secondo là fuori.”
Ci
ho pensato un attimo, ma era vero: ero quello che andava in giro con
un batticarne e un forchettone come armi, non certo un soldato
modello.
“Ma
io so la strada!”
“Di
che strada parli?”
Le
ho raccontato di Zurigo e dei ricercatori riuniti all'Immunologie
Zentrum. “Ho le cartine, conosco questi luoghi fin da quando ero
piccolo... Tu non lo conosci mica il Ticino, no? A parte il Fox Town,
intendo.”
Lei
ha fissato il vuoto. “A dire il vero il mio fidanzato è di qui.
Castel San Pietro.”
“Ah,
e sei riuscita a...?”
Si
è alzata in piedi e non ha detto niente. “Prepara le ultime cose,
domani mattina si parte. Ci sposteremo a piedi, bagaglio leggero.”
“Ma
non ci converrebbe prendere il camion qui fuori? Sembra resistente,
potremmo tagliare per i campi e dop–”
“Ce
li avremmo alle costole dopo nemmeno mezz'ora. Attieniti al piano e
basta. E se mi sarai di peso, non ci penserò due volte a lasciarti
tra le zanne di uno di quei cosi.”
“Ri-ricevuto.”
Se
ne è andata ed eccomi qui, con un bengala acceso in una mano e un
cestino del Military Megastore nell'altra a far rifornimento. Non è
rimasto molto, ma qualcosa riuscirò a trovare.
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