Giorno #18: Pannelli Solari.



Scrivo solo ora perché il blackout in Ticino sembra generalizzato. Le spine elettriche sono morte in tutte le case, per fortuna siamo riusciti a rifugiarci in una casa Minergie con i pannelli ancora funzionanti. Ci stiamo muovendo da tre giorni, ma non possiamo fare spostamenti troppo lunghi. Colpa della mia caviglia.

Dopo aver trascorso la notte sugli alberi, Viola e Massi sono scesi dai loro rami con l'agilità di un gatto (lei) e di uno stambecco (lui).
Recluta, muoversi.”
Mi sono sporto sul ramo indeciso se saltare o meno, poi mi sono lasciato cadere con la grazia di un elefante marino. Su una radice. La caviglia mi ha spedito nel cervello una scossa elettrica. Ho stretto i denti.
Che c'è, che hai?” mi ha chiesto Viola.
Niente, niente. Andiamo.”
Abbiamo camminato per tutta la mattina fino ad arrivare a Meride. Abbiamo trovato una casa più isolata delle altre, la porta era aperta. Siamo entrati nella cucina adiacente l'entrata e loro due hanno prelevato un coltello a testa da un ceppo di legno.
Andiamo in perlustrazione, stai qui.”
Sentivo il gonfiore crescere. “Non mi muovo.”
Sono tornati dopo dieci minuti. Massi aveva le mani sporche di sangue.
Trovato qualcuno?” gli ho chiesto.
Ha alzato le spalle. “Due bambini. Teschi molli come plastilina e denti ancora da latte. Non ci ho mosso niente.”
Viola ha scosso la testa. “E tu, perché sei sudato?”
Mi sono passato la mano sulla fronte. “No, niente... Solo che...”
Ci sono problemi, recluta?” ha chiesto Massi, piegando la testa.
Lei mi ha guardato da capo a piedi. “Sei ferito” ha detto avvicinandosi.
Ma no, è solo una botta... Solo una bruttaAAAAAAAHHHH!”
Viola aveva puntato la punta del piede sulla mia caviglia. “Strambata, eh?” e l'ha levato.
Ho ripreso a respirare, i brividi che mi sconquassavano i muscoli.
Anche Massi si è fatto più vicino, una smorfia di disgusto sul volto. “Proprio un bel cazzo di tempismo, recluta. MA PORCA PUTTANA!” e ha sfondato un armadietto con un calcio.

Quel pomeriggio abbiamo contato le munizioni: a Viola era rimasta una freccia, Massi mezzo caricatore per il Fas 90, un fumogeno e due granate. Io avevo l'ascia. La sera l'abbiamo trascorsa in silenzio, masticando. In casa c'era un bel po' di scatolame, sei porzioni di fondue pronte per le vacanze natalizie e un pacchetto di otto piattini con quel combustibile blu da mettere sotto il caquelon. Ma non ci ha tirato su molto il morale.
Il giorno dopo Viola e Massi sono andati in perlustrazione, io chiuso in casa come un bambino in affido. Verso sera abbiamo cambiato casa, e così abbiamo fatto anche domenica e stamattina. Siamo sempre rimasti a Meride: percorrere più di poche decine di metri era rischioso. O meglio: con me in versione zoppetto, era rischioso.
Per fortuna che in quest'ultima sistemazione ho trovato un po' di crema per la caviglia dietro lo specchio del bagno e dell'energia elettrica grazie ai pannelli solari installati sul tetto, così ho potuto collegare il PC.
Notizie dal mondo esterno?” ha chiesto Viola.
Ho fatto di no con la testa. “Tutte le persone contattate via e-mail non mi hanno più scritto, e anche il tizio alla radio non ha risposto. Più si va avanti, e più va peggio.”
E per finire in bellezza” è intervenuto Massi, “abbiamo un migliaio di zombie sparpagliati nei boschi circostanti, uno storpio nel gruppo e un cazzo di paese in cui le armi più pericolose custodite in case sono dei rastrelli. Fottuti rastrelli arrugginiti.”
Perlomeno non hanno i denti in plastica” ho detto io.
Ma nessuno ha riso.
Massi si è alzato in piedi. “Vado a svuotare il merlo” e se ne è andato grattandosi il culo.
Domani pensi di riuscire a camminare?” mi ha chiesto Viola.
Penso di sì. In ogni caso, ha ragione.”
Sulla faccenda dello storpio?”
Sssì, ma soprattutto sulla prima cosa. Dobbiamo muoverci, rimanere fermi non ci è di aiuto.”
Hai in mente qualcosa?”

Non ho risposto, ma un'idea ce l'ho.

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