Rimanere fermi tutto il
giorno a Tremona in attesa della trasmissione radio d'emergenza
sull'invasione zombie in Ticino? Pessima idea.
Abbiamo trascorso la mattina
e il pomeriggio a liberare la tenuta dai morti viventi: ne abbiamo
scovati cinque, tutti in stanze diverse. Viola, coltello alla mano,
non ha dato loro nemmeno il tempo di spalancare la bocca.
Come bere un bicchiere di
merlot.
Abbiamo riunito quelle poche
provviste che siamo riusciti a racimolare (tre salami, mezza forma di
formaggella, una salamella) su un cestino e siamo tornati in cantina
scommettendo sul numero di sopravvissuti rimasti là fuori e su un
eventuale intervento dell'Esercito per salvarci.
“E se invece lanciassero
una testata atomica per impedire agli zombie di propagarsi
dall'Italia alla Svizzera tedesca?” ho chiesto io.
“Non disponiamo di
quell'arma, recluta. Al massimo qualche missile aria-terra, ma senza
i Gripen la vedo dura.”
Alle 21 il telefono non era
ancora squillato.
“Penso che me ne uscirò
un attimo”, ho detto a loro due prima di alzarmi. “Controllate
voi il telefono?” Era sdraiato sul tagliere, tra il coltello e tre
fette di salame.
“Nessun problema.”
Sono uscito e me ne sono
trovato uno a due metri, con le braccia allungate verso me, il naso
schiacciato e un orecchio penzolante. Sono indietreggiato e sono
caduto a terra.
“ZOMBIE!”
Viola e Massi sono usciti di
corsa dalla cantina con gli zaini e BUM: il morto vivente è stato
freddato con un colpo di Fas 90.
Lei gli ha dato una sberla
sulla spalla. “Ti farai sentire, così!”
Lui ha tenuto l'occhio sul
mirino. “A questo punto non conta più un cazzo” e ha fatto cenno
verso i vitigni. Ho allungato il collo: decine di morti viventi
stavano combattendo con le viti e i cavi di ferro per raggiungerci,
ma una dozzina erano già in rotta verso di noi.
“PER IL BOSCO!” ha
gridato lui e abbiamo iniziato a muoverci.
Dopo una cinquantina di
metri mi sono bloccato.
“Ma... Il telefon–”
“CORRI RECLUTA, CAZZO
CORRI!” e mi ha afferrato per il colletto, trascinandomi in avanti
per una decina di metri.
Nel bosco ce n'erano altri e
abbiamo continuato a schivare e a cambiare direzione finché non ne
abbiamo più visti. Abbiamo quindi rallentato il passo e ci siamo
guardati intorno.
“Rimaniamo tra gli alberi,
se ci avviciniamo alle strade siamo finiti” ha sussurrato Viola.
“Cosa facciamo?” ho
chiesto.
“Avanzare è troppo
rischioso, non c'è abbastanza luce. Rischiamo di trovarcene uno
davanti senza nemmeno saperlo” ha risposto Massi.
Lei ha annuito e alzato
l'indice. “Cristiano, ce le hai ancora le corde, no? Be',
troviamoci un ramo. Passeremo la serata qui sopra.”
E quindi eccoci qui, col mio
PC agli sgoccioli, il contatto con la radio saltato e il telefono
perso. Ah, e anche un ramo a tre metri da terra fine e comodo come un
palo di una ringhiera.
Può andare peggio?
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