Giorno #14: Segnale perso.

Rimanere fermi tutto il giorno a Tremona in attesa della trasmissione radio d'emergenza sull'invasione zombie in Ticino? Pessima idea.

Abbiamo trascorso la mattina e il pomeriggio a liberare la tenuta dai morti viventi: ne abbiamo scovati cinque, tutti in stanze diverse. Viola, coltello alla mano, non ha dato loro nemmeno il tempo di spalancare la bocca.
Come bere un bicchiere di merlot.
Abbiamo riunito quelle poche provviste che siamo riusciti a racimolare (tre salami, mezza forma di formaggella, una salamella) su un cestino e siamo tornati in cantina scommettendo sul numero di sopravvissuti rimasti là fuori e su un eventuale intervento dell'Esercito per salvarci.
“E se invece lanciassero una testata atomica per impedire agli zombie di propagarsi dall'Italia alla Svizzera tedesca?” ho chiesto io.
“Non disponiamo di quell'arma, recluta. Al massimo qualche missile aria-terra, ma senza i Gripen la vedo dura.”
Alle 21 il telefono non era ancora squillato.
“Penso che me ne uscirò un attimo”, ho detto a loro due prima di alzarmi. “Controllate voi il telefono?” Era sdraiato sul tagliere, tra il coltello e tre fette di salame.
“Nessun problema.”
Sono uscito e me ne sono trovato uno a due metri, con le braccia allungate verso me, il naso schiacciato e un orecchio penzolante. Sono indietreggiato e sono caduto a terra.
“ZOMBIE!”
Viola e Massi sono usciti di corsa dalla cantina con gli zaini e BUM: il morto vivente è stato freddato con un colpo di Fas 90.
Lei gli ha dato una sberla sulla spalla. “Ti farai sentire, così!”
Lui ha tenuto l'occhio sul mirino. “A questo punto non conta più un cazzo” e ha fatto cenno verso i vitigni. Ho allungato il collo: decine di morti viventi stavano combattendo con le viti e i cavi di ferro per raggiungerci, ma una dozzina erano già in rotta verso di noi.
“PER IL BOSCO!” ha gridato lui e abbiamo iniziato a muoverci.
Dopo una cinquantina di metri mi sono bloccato.
“Ma... Il telefon–”
“CORRI RECLUTA, CAZZO CORRI!” e mi ha afferrato per il colletto, trascinandomi in avanti per una decina di metri.
Nel bosco ce n'erano altri e abbiamo continuato a schivare e a cambiare direzione finché non ne abbiamo più visti. Abbiamo quindi rallentato il passo e ci siamo guardati intorno.
“Rimaniamo tra gli alberi, se ci avviciniamo alle strade siamo finiti” ha sussurrato Viola.
“Cosa facciamo?” ho chiesto.
“Avanzare è troppo rischioso, non c'è abbastanza luce. Rischiamo di trovarcene uno davanti senza nemmeno saperlo” ha risposto Massi.
Lei ha annuito e alzato l'indice. “Cristiano, ce le hai ancora le corde, no? Be', troviamoci un ramo. Passeremo la serata qui sopra.”
E quindi eccoci qui, col mio PC agli sgoccioli, il contatto con la radio saltato e il telefono perso. Ah, e anche un ramo a tre metri da terra fine e comodo come un palo di una ringhiera.

Può andare peggio?

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