Ci
sono. Stanco, coi polmoni incendiati, spaventato. Ma ci sono.
Ho
dovuto attendere che smettesse di nevicare, prima di attuare il mio
piano. Non è successo prima delle 13. Ho avvolto il mio vecchio
stereo portatile nel tappetino che usavo a ginnastica correttiva da
piccolo e ho legato quella specie di salsicciotto con un pezzo di
spago: ho svuotato tutti i telecomandi di casa, per trovare le otto
pile necessarie a farlo funzionare. Dato che tutte le stazioni radio
sono fuori uso, ho recuperato una vecchia musicassetta dall'armadio
di mia madre che penso funzionerà anche dopo la caduta: una
compilation di Jimmy Fontana.
Ho aperto la finestra piano, senza far rumore: i soliti tre zombie erano lì, in attesa, con cumuli di neve sulle spalle e sulla testa. Ho schiacciato “play” e lanciato il più lontano possibile lo stereo che è rimbalzato sul selciato innevato ed è rotolato per qualche metro verso la rotonda che porta a Chiasso: per qualche secondo ho pensato che si fosse rotto, ma le note basse dell'intro di “Il mondo” hanno presto lasciato spazio alla voce di Jimmy. Nel giro di una ventina di secondi sono apparsi cinque, dieci, trenta zombie dalle vie di Pedrinate, e ho riconosciuto vicini, ex compagni di scuola, perfino una ex. È stato come far cadere un pezzo di pane burro e marmellata davanti a un formicaio. Agghiacciante.
Mi
sono scosso dal torpore dopo una decina di secondi. Ho recuperato lo
zaino, infilato nella cinta il forchettone e il bastone d'hockey e ho
aperto la porta dell'appartamento: non c'era nessuno né lì davanti,
né sulla tromba delle scale. Sono sceso più veloce che potevo e
sono uscito dal retro. La situazione sembrava sotto controllo, anche
se sentivo i versi e gli urli della fiumana radunata sulla strada. Ho
superato il recinto delle galline e la casa dei vicino, lungo un
sentiero in salita che costeggiava un vitigno. C'era uno di quei
cosi, impigliato tra i fili di ferro, a nemmeno tre metri da me:
allungava le braccia e spingeva la fronte contro il cavo, digrignando
i denti.
Ho
aumentato il passo.
Sentivo
ancora distintamente la canzone, era ormai al ritornello finale.
Sulla mia sinistra è svettata la torre del paese, c'erano zombie
anche lassù. Si agitavano tra i merli e a un certo punto uno è
caduto (o si è buttato?) di sotto. Dovevano proprio essere affamati,
quei bastardi.
Ho
affiancato un'altra casa, nessuna luce e porta aperta: ho proseguito
lungo un muro di cinta, che perlomeno mi garantiva sicurezza sul lato
sinistro. A destra, un pendio ripido e un morto vivente che annaspava
sotto le foglie umide, scivolando. Ho tagliato per un altro vitigno,
stavolta c'erano delle reti tese a tener su le piante. Ho rallentato
e mi sono guardato in giro, la strada davanti era libera. A un certo
punto sono caduto e, porca vacca, ce n'era uno senza gambe e con il
naso putrefatto che mi teneva per la scarpa. Ho tirato fuori il
forchettone e gliel'ho piantato nell'orbita, uccidendolo. Ho messo il
piede su quello che restava della testa e ho tirato, ma non sono
riuscito a tirarlo fuori. Cazzo, era conficcato bene dentro –
sembrava più facile nei film. Ho alzato la testa: due suoi amici,
qualche fila più in là, si erano accorti di noi.
E
allora tienitelo.
Ho
ripreso la corsa con il mio arsenale praticamente dimezzato. Sono
uscito dal nucleo e mi sono addentrato nella bosco, alla mia sinistra
altri – rassicuranti – vitigni. La strada ha preso a farsi in
salita, ero quasi in cima al colle di Santo Stefano. Giù nella
vallata imbiancata vedevo dei puntini muoversi tra i campi in
direzione di Pedrinate, anche se la musica già non si sentiva più.
E
se hanno un senso dell'udito più sviluppato del nostro?
Sono
arrivato in cima alla collina e ho trovato un prefabbricato/buvette
con gli stemmi dei cantoni in plastica ormai dilaniati, probabilmente
a causa degli scontri. Sullo spiazzo antistante non c'erano orme, la
porta era aperta, il locale deserto: ho costruito una specie di
recinto con delle panche di legno parcheggiate lì accanto e mi sono
chiuso dentro a prendere fiato. E forse anche riportare il cuore
sotto i 160 battiti al minuto.
Mi
trovo ancora qui. Le ore di luce a mia disposizione sono troppo poche
per tentare un altro spostamento, l'elettricità funziona e ho pure
trovato del pane da toast raffermo, sottilette e una busta di
prosciutto cotto sottovuoto. Male invece le armi: solo un coltello da
pane in ceramica, ma con la punta spezzata. Non riuscirei nemmeno a
infilzare un pomodoro, figurarci il teschio di uno zombie.
Ho coperto
le finestre con delle tovaglie lasciando uno spiraglio di pochi
millimetri; il mio occhio è agganciato al vetro, ma nell'ultima ora
non ho visto nessuno muoversi. Rimarrò qui almeno fino a domani
mattina, sperando che la neve si sciolga e il tempo sia più
clemente.
a tutti quelli in ascolto. sopravissuti in zona bellinzona. frequenza radio 112.58. cibarie per qualche settimana. buona fortuna se siete la fuori