Giorno #36: Salone Patty.



La notte è trascorsa lenta e pesante. Sta piovendo ora, o nevicando, non lo so: tutti i finestrini del Saab 2000 sono coperti dalla neve, ma l'importante è essere riusciti a resistere al freddo sino a stamattina. E a esser riusciti a tornare all'aeroporto, dopo quello che ci è capitato ad Agno.

Ci siamo mossi mercoledì mattina, destinazione armeria Bianchi. Ci siamo mossi prima verso ovest per valutare se vi era la possibilità di attraversare la cantonale, ma lì era peggio dell'autostrada – sembrava che al momento del contagio, tutto il mondo volesse raggiungere la dogana di Ponte Tresa. Me li vedo, i 60 mila frontalieri che fanno dietrofront tutti insieme. E potevo solo immaginare l'imbottigliamento che c'era all'altezza dell'incrocio infame, quello della svolta verso Serocca e Bioggio.
Abbiamo fatto dietrofront e siamo passati dai campi dietro gli hangar dell'aeroporto, per poi tagliare verso ovest e convergere a sud attraverso boschi e vigneti, così da avvicinarci al nucleo di Agno. Le strade erano tranquille, tutti gli zombie dovevano essere attorno alle strade principale. A un certo punto mi sono fermato e ci siamo acquattati dietro a un muro.
La vedete quella porta bianca? Quella dell'edificio color ocra” ho sussurrato a Massi e Viola.
Ocra? Che cazzo di colore è l'ocra?” mi ha chiesto Massi.
Viola ha sbuffato. “Quello giallo.”
Ecco”, ho ripreso io, “quella è la porta sul retro dell'armeria.”
E allora che aspettiamo? Andiamo là e ci prendiamo quello di cui abbiamo bisogno!”
Massi è scattato in avanti e io e Viola l'abbiamo seguito a mezzi passi, guardandoci intorno. Lui ha raggiunto l'edificio, si è sporto all'indietro e ha abbattuto la spalla sulla porta. Niente. Ha riprovato due o tre volte, ma non si muoveva di un millimetro. Intanto, io e Viola abbiamo ispezionato la finestra, ma aveva delle sbarre d'acciaio ed era impossibile da forzare.
Cazzo, è rinforzata. Fatevi indietro” e ha imbracciato il fucile, puntandolo verso la serratura.
Massi no, succede un casin–” ma una raffica mi ha interrotto.
Massi ha provato ancora ad aprirla con un calcio, senza riuscirci.
Porca puttana!” ha esclamato.
Porca puttana!” ho ripetuto io, ma non per la porta. “Stanno arrivando.”
Dalla sinistra un gruppo di zombie si stava facendo avanti, e anche da destra ce n'erano un paio diretti verso noi.
Torniamo indietro, subito” ha ordinato Viola, ma anche sulla via di fuga c'era una mezza dozzina di morti viventi.
Seguitemi” ha detto Massi, aprendo il fuoco verso di loro. Ne ha fatti secchi un paio, ma dietro ne stavano arrivando un mucchio d'altri – la strada del nucleo era ormai intasata. In più, i colpi avevano eccitato gli altri che ora si muovevano più veloci. Lui ha estratto le spade. “Venite, merdosi, venite a prenderle!”
Smettila Massi, non ce la faremo mai” ha urlato Viola e ha fatto un paio di passi a lato, sulla destra: c'era una finestra bassa senza protezioni. Ha sferrato due calci bassi e ha sfondato il vetro. “Di qua, muovetevi!” e si è infilata nel locale. Io e Massi l'abbiamo seguita. “Gli scaffali, presto!”
Io e lui ci siamo messi ai lati di due mobili in compensato stile Ikea, ma abbastanza alti da coprire l'apertura.
Li abbiamo piazzati davanti alla finestra e abbiamo spinto con le mani sui ripiani, per reggere l'urto. I versi degli zombie si facevano sempre più vicini, e a poco a poco la pressione si è fatta sempre più forte. Viola ha spinto una cassettiera in metallo con sotto le rotelle fino alle librerie, poi ci ha aggiunto due poltrone in pelle con base in acciaio. Tutti e tre ci siamo seduti a terra, con la schiena contro i mobili. Sembrava tenere, anche se la spinta non diminuiva e a ogni colpo qualcosa cadeva dallo scaffale: un barattolo di gel, una soluzione per una tinta, dei pettini di plastica. Solo in quel momento ho notato che Viola si era tagliata a una gamba col vetro della finestra.
Viola”, ho sussurrato, “ma tu sei ferit–”
Lascia perdere, non è niente. Preoccupiamoci piuttosto di quelli” e ha accennato alla vetrina principale.
Ho alzato di qualche centimetro il collo per poi riabbassare subito la testa: la strada era infestata di zombie e tra noi e loro c'era solo un vetro con scritto “Salone Patty”. Se ci vedevano, eravamo fatti.
E adesso cosa facciamo?” ho chiesto.
Massi è rimasto in silenzio, Viola ha raccolto una bottiglietta da terra: doveva essere una specie di soluzione alcolica per disinfettare i rasoi. L'ha stappata e se l'è rovesciata sulla gamba. Ha teso le mascelle e preso un lungo respiro. “Aspettiamo. Un'idea ci verrà.”


Proseguo dopo, ora ci prepariamo qualcosa da mangiare.

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