Giorno #63: Indeciso.

Un'altra giornata spesa a fare e a smontare piani. La via più diretta per il San Gottardo è quella che passa da Locarno, ma a quanto pare il piano di Magadino brulica di zombie tra cantonale (il solito imbottigliamento), marciapiedi e campi con spaventapasseri dall'insana voglia di morderti. Forse ci converrebbe puntare Bellinzona, attraversare in qualche modo la città e costeggiare Monte Carasso, Gudo e Cugnasco facendo la barba al monte fino alla Verzasca.
Più passano le ore e più non so decidermi. Ma dovremo muoverci, prima o poi.

Giorno #60: Fuga dalla Caserma.



Abbiamo trovato un'altra casa Minergie a Camorino, i pannelli sono OK e hanno catturato abbastanza sole da darci un po' di libertà. Come quella di mangiare qualcosa di caldo, dopo quasi 72 ore fatte di fagioli freddi in salsa di pomodoro semi-ghiacciata. E quella di riprendere il racconto.

Massi ha camminato con lo Zippo in mano fino a un armadietto sistemato in un angolo del garage e ha preso una chiave e una torcia. Ha perlustrato il resto del locale a caccia di eventuali sorprese, poi è salito sul Duro e ha acceso i fari. Il corpo a terra era di un militare, aveva un fianco smangiato fino alla colonna vertebrale e la testa non stava tanto meglio. Massi ci era andato giù duro, coi pugni.
Quando è sceso dalla cabina del veicolo, ha detto:
Viola, tu controlla la saracinesca. Io e la recluta andiamo a prelevare il plastico, sta proprio qui dietro.”
L'ho seguito attraverso un corridoio stretto e siamo entrati in uno stanzino vuoto che sapeva di muffa e umido, alle pareti solo degli scaffali di legno mezzo marcio.
Ora ascoltami bene, recluta, ti spiegherò come si prepara una carica di esplosivo e come si aziona un detonatore. Non lo ripeterò due volte, quindi presta attenzione.”
Mah...” ho detto aggrottando la fronte, “non c'è tempo, me lo spiegherai dopo. Dobbiamo andare!”
Lui mi ha messo una mano sulla spalla, ma non per stritolarmela come temevo. Sembrava più la pacca di un amico.
Ascoltami Cristiano, non ho molto tempo. Veramente.”
Si è voltato e mi ha rivolto la schiena. La giacca della mimetica era macchiata di sangue anche all'altezza della sua spalla sinistra, vicino al colletto. E quando se l'è tolta per rimanere solo con la canottiera addosso, vicino a un'aquila tatuata con la scritta “Semper Fi” in gotico, è apparsa l'ultima cosa che mi aspettavo di vedere.
Ma quello è... un...”
Esatto, quel figlio di puttana mi ha preso quando siamo entrati nel garage” e si è massaggiato la ferita rossastra a forma di ovale con la mano destra. “Quindi, te lo ripeto: c'è poco tempo. Ascoltami e stai attento.”
Ho ascoltato quello che aveva da dirmi, mentre lo vedevo sudare sempre più. Eppure là dentro ci saranno stati 18, 20 gradi al massimo.
Siamo tornati al garage, ora il rumore degli zombie contro le lamiere era talmente forte che dovevamo urlare per capirci. Massi mi ha spedito sul sedile del passeggero nella cabina del Duro accanto a Viola e le ha ordinato di accendere il motore.
Sali anche tu” gli ha gridato lei, “Sfondiamo la saracinesca col camion, reggerà!”
Lui ha scosso la testa. “Non avete abbastanza potenza. Non preoccupatevi: alzo la saracinesca di colpo, voi avanzate e io salgo sul retro. Affetto un paio di inseguitori e impallino anche qualcuno degli altri.”
Lei ha annuito. “Va bene, ma sta' attento.”
Io sapevo, e non potevo dire nulla.
Massi ha sollevato la saracinesca con un piede, le spade strette nelle mani. Viola è avanzata col Duro e ne ha travolti una ventina, ce ne saranno stati un centinaio lì davanti ad aspettarci. Non appena ha superato la linea della saracinesca con le ruote posteriori, ha rallentato.
Muoviti, vieni!” ha urlato a Massi dal finestrino.
Ma lui era troppo impegnato a passare la lama delle sue armi bianche nei colli e nelle teste di quell'orda, senza prestare attenzione a noi.
Viola, lui non verrà.”
Ma che dici?!” ha detto voltandosi.
Abbiamo sentito degli spari e abbiamo attaccato gli occhi agli specchietti retrovisori: Massi aveva abbandonato le spade e aveva messo mano al Fass 90, indietreggiando verso i magazzini munizioni.
Massi è stato morso, ha deciso di rimanere. Accelera, muoviamoci. Gli ho promesso che lo avremmo fatto.”
Dopo un paio di secondi di esitazione, Viola ha pigiato il pedale del gas. Nel momento in cui abbiamo travolto il cancello d'accesso della caserma di Isone, ci ha raggiunto il boato di un'esplosione. Alle nostre spalle si stava formando una colonna di fumo, enorme pira funeraria del buon sergente maggiore Massi. Ne avrà fatti fuori almeno una cinquantina, con quel botto.

Il miglior addio possibile, per uno come lui.

Giorno #58: Attacchi nel Buio.



Seconda notte all'addiaccio, riprendo il discorso.

Abbiamo seguito Massi attraverso una zona piena di ruderi (“Noi le chiamiamo case matte”, ha detto), un posto di guardia con la sbarra e una ramina. Eravamo attaccati al muro della caserma, dietro l'angolo c'era il primo nugolo di zombie.
Okay, sentite” ha detto Massi sporgendo la testa, “l'entrata qui dietro rimane sempre aperta perché c'è un cabinotto di controllo poco dopo la porta. Ora: io ne vedo due vestiti da civili, ma penso ce ne sono cinque o sei. Meglio fare piano. Vado avanti io, vi faccio segno.”
Massi ha sguainato le spade e camminato con la schiena attaccata al muro fino a loro. Io e Viola siamo usciti dal nascondiglio e gli siamo andati dietro. I primi due li ho visti cadere – il corpo da una parte, la testa dall'altra – mentre per gli altri ho dovuto usare l'immaginazione, tra botte e il rumore delle lame che si infilavano nelle carni. Quando l'abbiamo raggiunto, Massi ne aveva fatti fuori altri tre. Oltre la porta, ce n'erano un paio vestiti con tute da meccanico blu che sbavavano contro il vetro. Il cabinotto di legno era vuoto.
Sono gli omini della caserma, quelli che ci pulivano gli scarponi. Non creeranno problema.”
Ha dato una spallata alla porta, con l'unico effetto di staccare per un secondo le labbra di quegli schifosi dal vetro.
Cazzo, è chiusa!”
Ma non avevi detto che era sempre aperta?” ho chiesto.
Avranno fatto scattare il dispositivo di emergenza, che cazzo ne sapevo io!”
Ragazzi, muoviamoci” ha detto Viola. “Ne stanno arrivando altri.”
Ci siamo voltati in contemporanea e dalla vicina piazza d'appello un primo gruppo di otto-dieci morti viventi stava caracollando verso noi.
Chiusa o non chiusa, bisogna aprirla” e ho dato anch'io una spallata.”
Questo non è vetro normale, è plexiglas” ha detto Massi. “Così non la butteremo mai giù.”
Viola ha teso l'arco. “Strade alternative?”
Ho le chiavi della saracinesca del parco veicoli interno, comunica direttamente dai magazzini.”
Passiamo da lì” ha detto lei, e ci siamo messi in cammino.
Gli zombie hanno aumentato il passo, sembrava che il vederci così in forma e scattanti li aizzasse ancora di più. Abbiamo aggirato l'edificio e siamo arrivati davanti al garage, una trentina di morti viventi a una cinquantina di metri da noi.
Presto, presto!” ho detto.
Massi si è piegato e ha inserito la chiave giusta al primo colpo. Ha sollevato la saracinesca di una trentina di centimetri e siamo scivolati dentro, poi l'ha richiusa.
Era buio pesto là dentro.
Dopo qualche secondo i primi morti viventi hanno iniziato a picchiare sulla lamiera che al momento sembrava reggere, ma chissà per quanto. Dovevamo muoverci.
Cerchiamo di vederci qualcosa” ha detto Massi e ha estratto lo Zippo.
La pietra focaia ha generato una fiammella, facendo un po' di luce intorno. Eravamo davanti a un Duro, al posto di guida non c'era nessuno.
Dietro di te!” ha urlato Viola e Massi si è voltato di colpo, spegnendo la fiamma. Ho sentito qualcuno crollare terra e poi una serie di colpi sordi – lo stava finendo a pugni.
Lo Zippo si è riacceso, Massi aveva le mani e la giacca della mimetica schizzate di sangue.
Merda!” ha detto, prima di sputare a terra.
Ho tirato un respiro di sollievo. “Ci è mancato poco, eh?”
Ma lui non ha detto niente. “Muoviamoci, c'è poco tempo.”


Devo interrompere, la batteria sta al minimo. Speriamo di trovare una casa con un generatore o qualche pannello elettrico, ho bisogno di elettricità-

Giorno #57: Esplosivo.



Scrivo dal Monte Ceneri, siamo più o meno a metà della strada che collega Medeglia a Giubiasco. In merito alla giornata di oggi alla caserma di Isone, be'... Non è andata come pensavamo. Proprio no.

Ci siamo avvicinati alla piazza d'armi dal fondo valle, mentre Jack ha percorso la strada principale in moto e ci ha coperto le spalle con il fucile da cecchino prelevato da Massi a Taverne. La neve caduta negli scorsi giorni non ci ha reso la vita facile – né a noi, né a lui – ma perlomeno non c'erano tracce di zombie nei paraggi.
Perché si saranno spostati tutti a Rivera o giù di lì, ho pensato.
Perché si erano spostati tutti in caserma, invece.
Le piazze d'appello brulicavano di morti viventi – metà imbacuccati in maglioni di lana, giacconi e cuffie; l'altra metà con mimetiche, pullover verde-oliva e pellerine.
Quante persone contava la vostra compagnia?” ha chiesto Viola con il binocolo ancora davanti agli occhi.
124 unità. Stimo 230-250 zombie” e ha accarezzato la canna del fucile. “Nulla di impossibile.”
Questa è una follia, cazzo. Torniamo indietro! Non c'è nulla di cui abbiamo bisogno là dentro.”
Calmati, recluta. Quelle sono un branco di teste vuote, e molte lo erano già quando il cuore gli pompava ancora il sangue in testa. Conosco dei passaggi, delle scorciatoie. Non si accorgeranno nemmeno che siamo passati.”
Ma a che pro?”
Lui ha piegato la testa e inarcato un sopracciglio. “Eh?”
Perché lo dobbiamo fare?”
Esplosivo.”
Esplosivo?” abbiamo chiesto io e Viola in coro.
Esatto. Ho seguito un corso da artificiere, qualche tempo fa, e abbiamo ancora un po' di plastico in un magazzino. Ci potrà essere utile, una volta nel Sopraceneri, e questa è l'ultima occasione buona per prenderlo.” Ha sputato a terra e mi ha guardato negli occhi. “Ma se vuoi arrivare in Leventina e spostare sassi pesanti una tonnellata o camion a pieno carico con le mani, vai pure.”
In effetti aveva ragione. Una volta superata Locarno, chissà cosa ci aspettava. “Va bene, andiamo” ho detto.


Spegniamo il fuoco e cerchiamo di dormire qualche ora. Andrò avanti a raccontare domani.

Giorno #56: In Partenza.

Abbiamo preparato gli zaini e caricato le armi: partiremo domani mattina.

Giorno #53: Puttanoni Zombie.



Fine settimana di perlustrazioni e ricognizioni. Dobbiamo capire se il Ceneri è valicabile per arrivare nel Bellinzonese.

Oggi siamo arrivati fino allo Splash and Spa – la funicolare per il Monte Tamaro è ferma, come avevo previsto. Abbiamo tenuto d'occhio la cantonale con i binocoli: non ce n'erano tanti come nel Mendrisiotto, ma il numero arrivava tranquillamente al migliaio. E questo solo nei pressi del paese.
Forse più in alto la strada è sgombra, dobbiamo solo aggirare questi qui in pianura” ha detto Massi.
Temo che non sia così facile” ho mormorato con il binocolo agli occhi.
E perché, cazzo?”
Guardate lì, all'altezza dello svincolo autostradale” e ho fatto un cenno verso sinistra con la testa.
Ho aspettato qualche secondo. “Io non vedo nulla di particolare” ha detto Viola.
Nemmeno io”, ha aggiunto Jack.
Osservate nulla di insolito nel gruppo di zombie? Donne con minigonne inguinali, tette al vento, tacchi alti, abitini in latex...?”
Sì recluta, e con ciò?” ha detto Massi.
Be', il mio discorso è semplice: se i puttanoni dei vari postriboli del Ceneri sono arrivati fino a Rivera in versione zombie, non ci vuole molto a capire che su là la situazione deve essere... Un vero e proprio bordello.”
Non ha riso nessuno. Il mio senso dell'umorismo si è proprio arrugginito.
Non hai tutti i torti”, ha detto Jack. “Quindi, che si fa?”
Potremmo scalare la montagna – ci vorrebbe un bel po', ma perlomeno è sicuro” ho detto.
No no no” ha risposto Jack scuotendo la testa. “Io la mia Harley non la lascio in mano a quelli.”
Ma sii ragionevole, non si può arrivare fino al San Gottard–”
Ho già risposto, non ho nient'altro da aggiungere.”
Silenzio. “Allora passiamo dalla caserma” ha detto Massi.
Quella del Ceneri?” ho chiesto.
Lui mi ha ghiacciato con uno sguardo e ha sputato a terra. “In quel buco ci sono le compagnie dei sanitari, feccia con il berretto blu. Io intendo Isone, dai granatieri! Conosco quel posto con le mie tasche, potremmo rifornirci ancor di più e poi superare il Ceneri su quel lato.”
Non male” ha detto Jack, “conosco delle strade, su di là. Può funzionare.”
In effetti è una buona idea”, ha ammesso Viola.

Io ho alzato le spalle. “E allora, che Isone sia.”

Giorno #50: San Valentino.



Con la scusa di dover far pipì, mi sono allontanato dalla cascina poco dopo le 18, prima che calasse il sole. I dintorni erano tranquilli, i morti viventi dovevano essere tutti sulla cantonale. Ho trovato due fiorellini bianchi, sotto delle foglie secche. Chissà come hanno potuto crescere, in pieno inverno. Ma d'altra parte non siamo anche noi così? Briciole di vita in un cantone morto e putrescente?
L'ho colto e sono tornato indietro. Massi e Jack se la intendevano bene, stavano discutendo di non so quale fucile mitragliatore del passato. Ne ho approfittato per allungare il fiore a Viola.
Per te.”
Lei si è sforzata nel rimanere seria, ma un sorriso le è sfuggito comunque. “E per quale motivo?”
Be', è San Valentino, no?” e ho sorriso. Darglielo il giorno dopo in cui era morto il suo fidanzato (per la seconda volta) non era il massimo della sensibilità, ma quel mondo aveva regole diverse da quelle abituali.
Lei ha preso il fiore scuotendo la testa. “Cristiano, grazie. Però, neanche se fossi l'ultimo uomo sulla Terra.”

Non ho smesso di sorridere. Di quel passo, non mancava poi molto.

Giorno #50: Carne di Cinghiale.



Alla fine è stato lui a sorprendere noi.

Quando siamo entrati nella cascina con le armi in pugno, l'unica persona presente era Viola, addormentata su una brandina sistemata in un angolo. Non era legata e non aveva segni sul volto o sulle braccia; a giudicare dal respiro calmo e regolare, non doveva nemmeno esser stata drogata. Io e Massi ci siamo voltati per andare a cercare il tizio fuori quando ce lo siamo trovati davanti, con un cinghiale morto sulle spalle e una fondina alla vita.
Finalmente! Iniziavo a preoccuparmi”, ci ha sussurrato prima di scansarci ed entrare. “Comunque io sono Jack” e ha appoggiato la preda sul tavolo. “Usciamo, dobbiamo parlare”.
Ci ha spiegato tutto. Delle barricate nella sua casa di Taverne, degli armadi pieni di provviste, dei lavori sull'Harley Davidson “dopo aver visto Planet Terror: che figata quel film!”
E come mai non sei subito scappato da queste parti?” ho chiesto.
Poche munizioni. Un caricatore con 300 colpi per la Gatling, una ventina di proiettili per la Smith & Wesson. Nient'altro.”
Ma avevi l'armeria a due passi, sarebbe stato facile!” ha detto Massi.
Lo so, conoscevo bene il proprietario. Ma pensavo che la saracinesca fosse abbassata! Lo faceva sempre, quando chiudeva.”
Non ne avrà avuto il tempo” ho detto pensando a Massi che gli apriva un nuovo chakra in fronte. Meglio non approfondire. “E Viola, come mai si è bloccata davanti a quello zombie?”
Abbiamo parlato molto poco in questi giorni, ha dormito per quasi tutto il tempo. Doveva essere stanca morta, poverina. Ma da quello che ho capito, era il suo fidanzato.”
Quello di Castel San Pietro.
Se l'è trovato davanti e si è bloccata. Se non fossi intervenuto, non ce l'avrebbe mai fatta.”
La porta della cascina ha cigolato, Viola è uscita stirandosi. “E finalmente, ce ne avete messo di tempo.”

Abbiamo mangiato insieme carne di cinghiale e discusso per il resto del pomeriggio.

Giorno #50: Trovati.

Li abbiamo trovati! All'altezza di Bironico, nella frazione di Sorencino. Massi ha scovato l'Harley Davidson del vecchietto posteggiata davanti a una cascina. Stiamo preparando il piano di irruzione, dobbiamo sorprenderlo. L'importante sarà non ferire Viola.

Giorno #49: In Attesa del Peggio.

Stiamo proseguendo la marcia verso nord, di Viola e del vecchietto ancora nessuna traccia.
Sigirino, Mezzovico, Comignolo... Li abbiamo costeggiati tutti sul lato ovest, a buona distanza da cantonale e autostrada. Temo però la giornata di domani, quando ci avvicineremo a Rivera. Da un lato i 1961 metri sopra il livello del mare del Monte Tamaro, con la funicolare che sarà certamente disattiva; dall'altra, l'inferno del Ceneri. Me lo ricordo bene lo scompiglio che si creava non appena cadeva qualche centimetro di neve, e non c'è motivo di dubitare che sia così anche ora, tra le auto incolonnate e le centinaia di zombie in attesa di care fresca.

Se non peggio.

Giorno #47: Il Vecchietto della Gatling.



Tra tutti i modi in cui credevo avrei potuto perdere un compagno di viaggio, oggi è successo qualcosa di imprevedibile. E inspiegabile, a dirla tutta.

Ci siamo diretti verso l'armeria di primo mattino, aiutati dal tempo che finalmente si è fatto mite. Ci siamo avvicinati al nucleo di Taverne per gradi, due passi in avanti e uno indietro, la testa in continua rotazione a destra e a sinistra, a sinistra e a destra. La via Santa Maria Maddalena era deserta – un altro motivo per essere ancor più prudenti.
Se qualcosa può andar storto...” mormoravo in ricordo di Murphy, forse l'unica legge ancora vigente sulla Terra.
E invece siamo arrivati davanti all'armeria senza incontrare un ostacolo, la via era del tutto libera. Il negozio non era stato chiuso con la saracinesca, ma la porta di vetro era comunque sbarrata.
La apro io, sarà un giochetto” ha detto Massi. “Viola, tu controlla il lato in direzione nord, recluta, tu quell'altro. Farò meno rumore possibile.”
Perché sei tu a entrare?” ho chiesto.
Lui ha scosso la testa. “La conosci la differenza tra un Remington e un Winchester?” Stavolta l'ho scossa io, la testa. “Ecco, appunto.”
Però almeno lasciami il fucile.”
Lui ha trasformato gli occhi in due fessure. “Io il mio Fass non l'ho mai dato nemmeno a mia madre”.
Ma è una questione di sicurezza. Viola ha il suo arco, un'arma a lunga gittata. Se gli zombie dovessero sorprendermi, potrei rallentarli solo nel corpo a corpo, verrei travolto e in pochi secondi ti troveresti accerchiato. Dubito che il negozio abbia una porta sul retro, così rischi di venir sovrastato anche tu. E in uno spazio così ridotto, con uno di quei branchi, non avresti molto scampo. Te la ricordi l'armeria di Agno, no? Nemmeno con tutte le armi presenti là dentro ce la faresti.”
Mi ha fissato per una decina di secondi buoni, poi mi ha allungato il fucile. “Se gli fai qualcosa, io farò lo stesso a te. E non sprecarmi le munizioni.”
Io e Viola ci siamo messi in posizione, Massi si è avvolto la giacca attorno al gomito e spaccato il vetro inferiore della porta. Il rumore è stato minimo; è sgusciato dentro e ho tirato un respiro di sollievo.
Un solo respiro però, perché pochi istanti dopo ha iniziato a fare un baccano della malora e ha pure infranto un grosso vetro, forse una vetrinetta.
Ma che fa?” ho sussurrato a Viola. Lei ha alzato le spalle.
Poi sono partiti due colpi di arma da fuoco – ho teso ogni muscolo, in attesa. L'ondata ci ha messo poco a formarsi in fondo alla strada, sono usciti tutti insieme dai vicoli.
Mi sono voltato. “Viola, tra meno di due minuti ce li abbiamo addosso.”
Lei ha teso l'arco. “Sì, anche da me stanno arrivando. Chiama Massi, dobbiamo muoverci.”
Sono corso alla porta e ho bussato. “Dobbiamo andare, stanno arrivando!”
Lui mi ha raggiunto con in mano un borsone colmo di roba, due fondine sotto le ascelle, una al fianco e tre fucili a tracolla.
Si fa buona spesa qui dentro, ci devo tornare.”
Gli ho piazzato la faccia a cinque centimetri dalla sua. “Ma perché tutto quel casino, ci hai messo nella merda!”
Lui ha fatto schioccare la lingua. “C'era ancora il gerente, mi si è aggrappato alla schiena e non ho potuto estrarre le spade. Me la sono cavata con un paio di pillole da 9 millimetri. Dai, andiamocene.”
Abbiamo infilato una vietta laterale e siamo saliti lungo una scala, raggiungendo la strada superiore, vicolo San Carlo. Quando mi sono voltato, l'orda non era ancora in vista.
Attento!” mi ha gridato Viola e ho scansato all'ultimo secondo un morto vivente che mi stava venendo addosso. Lei lo ha infilzato con una freccia nell'orbita e ha fatto lo stesso con una donna vestita solo di una gonnella e dai capelli rattrappiti. “Salite, presto. Io recupero le frecce.”
Ho preso il borsone dalle mani di Massi e insieme abbiamo iniziato a fare la salita. Dopo una trentina di metri ci siamo voltati: Viola stava sfilando il secondo dardo dal cervello della donna. A pochi metri da lei stava arrivando un'altra mandria, preceduta da un giovane dai capelli bruni e il ciuffo sparato all'insù che sembrava avere una marcia in più. Lei ha teso l'arco in sua direzione.
Fa fuori questo e ci raggiunge, ho pensato. Così ci leva di mezzo la lepre del gruppo.
Ma è rimasta immobile, la freccia incoccata. Lo zombie era a meno di tre metri da lei. Cosa stava aspettando?
Non ce la fa, lo abbatto io!” ha detto Massi alzando il Fass, ma ho tenuto giù la canna.
Rischi di colpirla!”
Il rumore di due spari esplosi a qualche metro d'altezza si è propagato nell'aria, lo zombie è crollato a terra. Abbiamo subito alzato la testa verso il primo piano delle case nel vicolo.
Ma chi cazzo è stato?” ha detto Massi.
Intanto l'orda si faceva sempre più vicina, Viola ancora immobile e con la testa china verso il morto vivente abbattuto. Si è aperto un garage alla sua sinistra, un rombo ha riempito la strada ed è spuntato fuori un tizio in sella a una Harley-Davidson, con una mitragliatrice Gatling montata sul davanti. Si è piazzato a mezzo metro da lei e ha fatto fuoco: gli zombie sono caduti come birilli, dilaniati dalle pallottole all'altezza del petto.
Quando l'arma ha smesso di sputare piombo, l'uomo si è passato una mano sui capelli. Erano grigi, lunghi fino alle spalle, un paio di treccine annodate sulle tempie. Era sulla sessantina. Ha allungato una mano verso Viola ma non ho capito cosa le ha detto, la canna rotante girava anche senza sperare e faceva ancora troppo rumore.
Lei è salita a bordo, l'uomo ha tirato il freno posteriore e ha girato la moto sgommando, lasciando metà copertone posteriore sul selciato. Ha accelerato e ci ha superato in velocità, montando la via in salita. I morti viventi intanto stavano spuntando anche dalla scalinata, dovevamo muoverci.
E ora cosa facciamo?” ho chiesto a Massi.
Proseguiamo” e ha dato una pacca ai tre fucili sulla schiena. “Con questi, non abbiamo bisogno di nient'altro”.

Mentre riflettevo su quelle parole e correvo dietro di lui, sentivo il rombo della moto allontanarsi sempre di più. Fino a quando è scomparso.

Giorno #46: Batteria a Zero.

Fermi causa pioggia e neve, visibilità scarsa, le temperature attorno allo zero hanno limitato l'autonomia della mia batteria e ho poco tempo. Aspettiamo in una casa defilata, abbiamo sbarrato le finestre e acceso un fuoco, tanto con la nebbia il fumo non dovrebbe notarsi. Siamo a mezzo chilometro dal nucleo di Taverne. Spero di ricollegarmi domani, dopo l'incursione all'armeria. Chiudo.

Giorno #44: Verso la Pianura.

Dopo una buona ora di colpi e giochi di leva, ieri mattina siamo riusciti ad aprire l'armadio chiuso a chiave. Solo un caricatore con dodici cartucce per Massi, che l'ha intascato senza dire nulla. Subito dopo ha però smontato il fucile e portato il selettore di fuoco dalla raffica a tre al colpo singolo.
Ci sarà da razionare, nei prossimi giorni.
Lo stesso discorso vale per il cibo, perché se l'incursione nelle case di questi paesi di montagna è stata finora facile con pochi zombie nei paraggi, non sarà così nei prossimi giorni, quando scenderemo in pianura. Farsi sentire da uno di loro mentre si forza una serratura potrebbe portarcene una cinquantina davanti alla porta nel giro di pochi secondi, e l'esperienza di Agno è bastata a tutti e tre.
Ieri la pioggia incessante ha reso scivoloso il terreno e, per evitare incidenti, ne abbiamo approfittato per depredare un po' di edifici a Moniscia e ad Azzano, tutti isolati e senza sbarre o particolari protezioni alle finestre. Abbiamo messo da parte tutto ciò che trovavamo: conserve, bottigliette di superalcolici, buste sottovuoto...
Oggi siamo nei pressi di Azzino, domani proseguiamo con Monteggio e i monti sopra Torricella. Un paio d'ore di spostamento, un paio d'ore di sopralluoghi. Una prassi, ormai. Poi non rimarrà che scendere attraverso il bosco e fare ancor più attenzione.

L'obiettivo designato è l'armeria Gianossi di Taverne, a due passi dalla cantonale per Rivera. E lì non ci sarà tempo per passare in rassegna le dispense e gli armadi degli ex abitanti del luogo. Meglio essere pronti a tutto.

Giorno #42: Bossoli e Proiettili.



Oggi, nel tardo pomeriggio, siamo arrivati a Mugena. La strada da Vezio era bloccata da una manciata di veicoli incidentati e da almeno una ventina di morti viventi – di cui quattro o cinque incastrati nelle lamiere, quindi abbiamo fatto il giro largo verso Alpe Firinescio per poi scendere lungo il corso della Magliasina fino a quando abbiamo puntato dritti verso est.
Giunti nei pressi del Comune, Massi ha adocchiato da lontano uno stand di tiro da 300 metri. Dopo aver passato mezz'ora coi binocoli attaccati agli occhi, lo abbiamo raggiunto: non c'era nessuno e siamo partiti col giro di perlustrazione. Oltre a qualche sacco di iuta e un bel po' di bossoli conficcati nel terreno, abbiamo trovato anche due pacchetti di biscotti e un armadio d'acciaio chiuso a chiave che potrebbe contenere qualche munizione per il suo amato Fass 90.
Se solo avessi con me il mio kit di esplosivi” e ha sospirato.
Potremmo provare col piede di porco”, ho proposto.
La notte stava però calando ed era troppo rischioso fare rumore a quell'ora, così abbiamo trovato riparo in un capanno per gli attrezzi non troppo lontano e ci siamo ripromessi di tornare domani mattina.
Viola è ancora fuori e per fortuna il tempo è più mite e asciutto rispetto agli ultimi dieci giorni.

Tra qualche minuto inizia il mio turno di guardia.

Giorno #41: Ciao Ciao Saab.



All'aeroporto, quel sabato, è successo un casino. Ed è per questo che non sono riuscito a scrivere sino a oggi.

Quando siamo scesi dal Saab 2000 io, Massi e Viola ci siamo subiti resi conto che il nostro tentativo di depistaggio nei boschi non era andato a buon fine. Il perimetro dello scalo, tutte le recinzioni in direzione di Agno... Erano piene di zombie.
Siamo tornati a bordo e abbiamo recuperato gli zaini con le asce, i coltelli e un paio di piedi di porco che avevamo trovato vicino agli hangar.
Venite, c'è bisogno di tutti!” ha urlato Viola prima di ridiscendere la scala, poi ci siamo involati verso il lato che dava sulla Migros, quello più affollato. Non ne avevo mai visti così tanti insieme, e quando ci hanno visti arrivare sono come impazziti. Da quella parte i pali delle ramine non avevano la base in cemento, erano semplicemente fissati a terra. Le sbarre pendevano in diagonale verso noi, la spinta sulla rete doveva essere pazzesca.
Abbiamo iniziato a colpire alla testa quelli in prima fila per allentare la pressione, ma quelli dietro si facevano sempre più sotto e non sembravano non finire mai. Quando mi sono voltato per vedere se Jessica e Federico stavano arrivando, ho visto l'aereo muoversi.
Cazzo, se ne vanno!”
Ma di che parli, recluta?”
Jessica e Federico, volano via!”
Merda!” ha detto Viola.
Abbiamo abbandonato il perimetro e siamo corsi verso l'aereo che era già sul limite della pista e stava virando per allinearsi.
Fermi, fermi!” abbiamo gridato sbracciandoci, ma i motori sono saliti di giri e ha gradualmente preso velocità.
Bastardi!” ha urlato Massi e ha esploso un paio di colpi verso la carlinga. Mi sono voltato: i morti viventi si sono agitati ancor di più, i pali ondeggiavano.
Ormai il rumore dei motori riempiva tutta la pista, ma a metà strada il carrello dell'aereo ha travolto gli zombie che avevamo ammucchiato sul cemento il primo giorno. Sembrava aver perso molta velocità, ma ha proseguito la sua corsa.
Non ce la faranno mai!” ho detto.
L'aereo non si è staccato da terra in tempo e le ruote hanno iniziato a solcare l'erba. Il muso ha travolto tutto – pali elettrici e recinzione, fino a concludere la sua corsa contro degli alberi. Qualche secondo dopo, ha preso fuoco.
Se quello esplode, ci sommergono” ha detto Massi. “Muoviamoci, veloci!”
Siamo corsi in direzione dell'aereo, dal varco ne erano già entrati almeno una ventina. Abbiamo deviato a destra e abbiamo creato un passaggio con le tronchesi. La strada era più affollata di quando eravamo arrivati, dovevamo distanziarli. Abbiamo seguito il corso del fiume fino a quando abbiamo trovato un cavo di metallo sospeso.
Via le cinture, se raggiungiamo l'altra riva non ci raggiungeranno” ha ordinato Massi.
Abbiamo eseguito e Viola si è arrangiata con un bracciolo dello zaino. Una volta attraversato il fiume, l'aereo è esploso. Non abbiamo perso neanche due secondi a osservare il fumo che saliva al cielo e a chiederci se Jessica e Federico si fossero salvati; abbiamo proseguito di corsa verso nord fino ad arrivare all'altezza della SUPSI di Manno.
Dobbiamo girare verso la collina, lo svincolo autostradale è sicuramente infestato” ho detto agli altri.
Abbiamo tagliato la zona industriale in due e ci siamo addentrati nel bosco in direzione di Cademario. Abbiamo quindi proseguito per Breno, dove siamo rimasti per due giorni in una casa fuori dal nucleo, discostata dalle altre.
Abbiamo ripreso il cammino in direzione nord, verso Fescoggia e Vezio. Oggi avremmo dovuto proseguire, ma il rumore delle sirene nel primo pomeriggio ci ha bloccati in una villetta con pure la piscina.
Forse hanno attivato il sistema di allarme, forse stanno preparando un intervento” ha detto Massi.
Ma la speranza è durata pochi secondi.
Temo che sia una semplice prova, già programmata dalla fine dell'anno scorso” ho detto con lo sguardo perso fuori dalla finestra.

Domani ripartiamo.

Giorno #37: Usciamo.

Il portellone del Saab 2000 si muove, usciamo per un sopralluogo dopo pranzo. Scriverò un aggiornamento più tardi.