Giorno #91: Sigarette, Mazze e Sorprese.



Siamo arrivati a Foroglio. Abbiamo deciso che, paradossalmente, d'ora in avanti sarà bene avanzare attraverso i passi e scalando le montagne. Ma non per gli zombie, quelli non li vediamo più da diverse ore ormai. Per la neve. Camminare a valle è faticoso, sprofondiamo fino alle spalle e ci bagniamo; poi, nei posti più ombreggiati, veniamo frustati dal vento e rischiamo di morire di freddo. In cima ai monti, invece, c'è più sole e la neve è ghiacciata. Fatichiamo sulle salite, d'accordo, ma perlomeno non dobbiamo creare dei sentieri tra cumuli e cumuli di neve aiutandoci con le braccia e pale di fortuna.

Ieri, dopo aver superato Bosco Gurin, ci siamo addentrati nella val Calnegia e ci siamo sistemati al rifugio della Crosa, nei pressi del laghetto. Erano appena le 15 e visto che il pericolo di attacchi qui, nel mare bianco della montagna, è praticamente scongiurato ci siamo concessi un po' di tempo libero per passeggiare nei dintorni. E io ho trovato anche qualcosa di interessante, poche centinaia di metri a nord ovest: una bocchetta lungo il confine dove qualche spallone ha lasciato della merce, forse in attesa di un corriere.
C'erano tre o quattro pacchi di zucchero, un paio di bottiglie di grappa e due stecche di Marlboro senza tutte quelle scritte sul pericolo di morte e il rischio di impotenza.
Dovranno avere almeno una decina d'anni.
Proprio un peccato che io non fumassi, ma ho comunque raccolto il bottino, perlustrato anche i dintorni e sono tornato al rifugio. Quando ci siamo trovati tutti nel salone davanti al camino acceso, ho fatto lo splendido svuotando il contenuto del sacco sul tavolo. Occhi sgranati, bocche aperte.
Ma dove hai trovato tutta 'sta roba?” mi ha chiesto Bruno.
Be'...” e ho raccontato l'intera storia, tra un bicchierino di grappa e l'altro. “Il sale teniamolo, che potrebbe sempre servirci nei prossimi giorni. Non si sa mai. Riguardo alle sigarette... Qualcuno qui fuma?”
Viola, Bruno e Veronica hanno scosso la testa. Goffredo è rimasto fermo, lo sguardo basso.
Okay.” Ho preso entrambe le stecche in mano e mi sono diretto verso il camino. “Allora tanto vale gettarle nel fuoco per scaldar–.”
FERMO!” ha tuonato Goffredo, alzandosi. Abbiamo smesso tutti di respirare, il tempo si era fermato nel rifugio della Crosa. “Io fumo.”
TU?!” abbiamo detto in coro.
E così, dopo la mia storia, è stato Goffredo a raccontarci la sua tra una boccata e l'altra. E non aveva niente a che fare con re Rabadan e tutte quelle cose viste a Bellinzona. Il suo vero nome è Martino, viene da Foroglio. Lì gestiva un'osteria alpina chiamata La Froda, poi quando è iniziata l'invasione dei morti viventi ha riempito lo zaino di salumi e si è spostato più a sud verso Bignasco, poi Maggia, Locarno, Monte Carasso e Bellinzona, dove ha barattato l'accoglienza al castello con una mazza e tre salami.
Ma in cantina ho ancora qualcosa, se mai dovessimo arrivarci” e tutti avevamo l'acquolina in bocca, visto che quella sera ci sono toccati i piselli in scatola.

Questa mattina, fiuu, dovevate vederci come filavamo sulla neve, tutti con l'immagine di questa fenomenale cantina dell'osteria di Martino. In testa c'era proprio lui, seguito da Bruno e Viola. Io sono rimasto qualche passo indietro un po' per solidarietà verso Veronica, un po' per il peso dello zaino che ora conteneva anche i tre o quattro chili di sale. Quando distavamo una trentina di metri dal gruppo di testa, mi ha poggiato la mano sul braccio e ha portato l'indice e il medio della mano sinistra sulle labbra, con un occhio puntato su di me e uno su suo padre.
Voleva una sigaretta, fumava di nascosto.
Le ho sorriso e annuito.
Bruno!” ho gridato.
Sì, dimmi” ha risposto voltandosi.
Ci fermiamo un attimo, prendo fiato.”
Anche loro si sono bloccati. “Vi aspettiamo?” ha urlato Viola.
Ma no, andate pure. Rimane Veronica a farmi compagnia. Cinque minuti e riprendiamo.”
Va bene” e sono ripartiti.
Ho aspettato che girassero dietro una roccia e ho appoggiato lo zaino a terra. Ho aperto un pacchetto, sfilato una sigaretta e l'ho allungata a Veronica. Poi le ho fatto accendere dal mio Zippo. Lei si è sporta e ha tirato la sua prima, goduta boccata da chissà quanti giorni. Ha tossito un paio di volte, poi ha ripreso e se l'è fumata tutta nel giro di una novantina secondi. Ne ha voluta un'altra, e questa se l'è goduta già di più.
Alla fine ho messo via tutto e mi sono rimesso lo zaino in spalla.
Pronta?” le chiesto facendole l'occhiolino.
Lei è rimasta in silenzio, ma mi ha sorriso e un raggio di sole le ha illuminato il volto. In quel momento ha sbattuto tutte e due gli occhi contemporaneamente, probabilmente per colpa della luce intensa, ma io l'ho preso come un doppio occhiolino. Stavamo facendo amicizia.


Che cosa rimane da raccontare? Alla fine a La Froda ci siamo arrivati, e anche se la cantina era stata depredata Martino aveva due o tre cantucci segreti che hanno garantito vino, mazze e salumi per tutta la serata. E ora scusate, vado a dormire: la testa mi gira un bel po' e domani ci sarà ancora un bel po' da marciare.

1 commenti:

  1. Luca Paltenghi ha detto...

    Il Martino della Froda! Sono stato su diverse volte. Ottimo posto, ottimo cibo!

Posta un commento