Quinto
giorno di libertà qui a Castelgrande, dove la tranquillità è
sovrana e il tempo sembra essersi fermato al Medioevo. Yippi-yeah.
Sono
circa 120 le persone che vivono dentro il castello, uomini e donne.
Le porte principali sono state rinforzate con pesanti travi e le vie
d'accesso costellate di massi e funi tese che rendono impossibile la
scalata agli zombie; quelli che rimangono intrappolati fungono da
bersaglio per gli arcieri che ogni giorno si esercitano per un paio
d'ore dalle mura merlate.
Una
spedizione parte ogni mattina a caccia di selvaggina o alla ricerca
di cibo; è composta da Goffredo e altri sette od otto che conoscono
molto bene la zona, probabilmente gente del luogo. Prima di uscire si
armano solo di spada e arco, e tornano sempre con sacchi pieni di
cacciagione, scatolette, prime verdure di stagione. Tutti sono fedeli
e obbedienti a re Rabadan.
Le
cose sembrano funzionare alla perfezione qui, a Bellinzona. La gente
sorride, non ha occhi sfuggenti che temono il buio e gli angoli, si
dà da fare per aiutare il prossimo cucendo abiti, intagliando
frecce, preparando da mangiare. Le strade sono sgombre, la comunità
si raduna durante il giorno all'aperto, nel piazzale. Sembra che qui
l'invasione dei morti viventi non abbia nessun potere, le atrocità e
la distruzione sono isolate al di là dei blocchi di pietra. Come
stare su un'isola in mezzo all'oceano.
Oggi
sono rimasto seduto a guardare verso ovest, il piano di Magadino era
pieno di sole.
“Bella
la vita qui dentro, eh?”
Mi
sono voltato: era Viola.
Ho
annuito. “Non c'è male, veramente. Si mangia bene, non dobbiamo
preoccuparci di esser morsi dal primo che passa e...”
“...
e comunque senti che c'è qualcosa che non va.”
Ho
sospirato e mi sono guardato le mani. “Solo, stavo pensando...”
Lei
ha appoggiato il braccio al merlo, il suo sguardo perso
all'orizzonte. “Stavi pensando che rifugiarsi qui è come mollare,
chiudersi in una bolla e fare finta di niente.”
Ho
guardato nella stessa direzione. “Senti, so che può suonare
romantico e folle, ma io non ci sto a lasciare quello schifo là
fuori, a convivere con quella merda. A Zurigo ci sono il 99,99% di
possibilità che gli zombie si siano mangiati esercito, ricercatori e
universitari, riempiendo la Limmat di pezzi di carne e cadaveri
sanguinolenti. Ne sono consapevole. Ma quel 0,01%, il sapere che
potrebbe esserci una cura, un rimedio che richiede solo di essere
portato in Ticino...”
Silenzio.
La luce sta cambiando, sta arrivando la sera. “Cris, vuoi tornare
in strada verso il San Gottardo?”
Ho
scosso la testa. “Non lo so” e mi sono voltato verso lei.
“Diciamo che è un'ipotesi.”
“Be',
se lo farai... Sarò con te” e mi ha dato una pacca sulla spalla
prima di allontanarsi.
Mi
sono voltato, ma non ho detto nulla.
Tornare
in strada.
Sarebbe
dura, ma almeno potrei dire di averci provato.
Ci
dormirò sopra.
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