Giorno #69: Gatta e Topo.



La giornata di ieri non me la dimenticherò mai.

Io, Viola e Jack siamo stati portati davanti a un trono vuoto e obbligati a inginocchiarci con una picca puntata al collo. A quel punto due trombettieri hanno dato fiato agli strumenti ed è entrato nientepopodimeno che re Rabadan – baffetti fini, corona rossa dorata, in mano scettro e chiave d'oro della città. Allora ci trovavamo... A Bellinzona, nel castello!
Stranieri, siete stati sorpresi a piede libero nel mio regno. Come vi giustificate?”
Ci stava giudicando!
Sua... Sua Eccellenza” ho mormorato tenendo gli occhi bassi, “posso spiegarle” e ho iniziato a raccontargli la nostra strada sino a là.
Lui si accarezzava il mento, ci osservava, si lisciava i baffetti. “E quindi non avete saputo nulla del regno di re Rabadan, in tutti questi giorni?”
Abbiamo scosso la testa, in contemporanea.
Goffredo!” ha gridato.
Da dietro un angolo è spuntato l'uomo col barbone, la guardia che mi ha tenuto d'occhio durante la prigionia. Si è avvicinato a lunghi passi, si è levato l'elmo a una decina di metri dal trono e si è inginocchiato davanti al re.
Lo suo suddito, sire”.
Goffredo, i tre prigionieri sono ora liberi per parola del re. Rimarranno tuttavia sotto la tua tutela”.
Ho udito, li stranieri nulla avran da temere ne li suoi possedimenti, sire”.
Bene, e così sia. Riguardo alla giornata di oggi...”
... un giro del castello?” sono intervenuto.
Goffredo si è voltato di scatto. “Niuno osa interrompere lo sire nostro re, stolto villico!”
Il re si è alzato in piedi e si è allontanato di qualche passo. “Oggi nessuna visita, oggi si festeggia”.
Che cosa?” ha domandato Viola.
Lui si è girato. “Che domande... Il martedì grasso! Goffredo vi mostrerà il castello più in là, con tutta calma. E non temete, qui sarete sempre al sicuro dalla minaccia dei morti là fuori imperante”.

Che serata che è stata, quella di ieri. Roba da far abbattere il capannone di Piazza Sole, veramente. C'erano musicisti in ogni sala, tavole imbandite, coppe colmo di vino aromatizzato e addolcito, balli di gruppo e di coppia... E poi c'era Viola. Aveva bruciato un pezzo di sughero con una torcia e si era dipinto il naso di nero, tirando tre linee dritte su ognuna delle guance.
Se tu sei il topo...” le ho detto avvicinandola con due calici in mano.
Gatta, per la precisione. Predatrice” e ha ingollato in un sorso due decilitri buoni di vino prima di andarsene.
L'ho inseguita e tampinata per più sale, finché mi ha concesso un ballo, e uno solo. “Ma se alzi le dita al di sopra dell'ombelico, te le spezzo”.

Sembravo un pinguino a ballare così, ma tanto mi bastava. Sfiorarla, poterne sentire l'odore, fissarla negli occhi senza dovermi preoccupare di qualche zombie alle spalle... Non volevo niente di più.

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