Hanno
sparato a Goffredo, porco diavolo. Giovedì sera.
L'avevo
individuato col binocolo, era fermo in mezzo a un prato con lo
sguardo fisso su un gruppo di fiori. Attorno a lui, cadaveri qua e
là.
Deve
esserci stato un combattimento... Ma cosa fa là in mezzo?
Poi
ho sentito lo sparo e l'ho visto cadere a terra.
“Viola,
muoviti!” ho urlato e siamo corsi verso lui. A una cinquantina di
metri da Goffredo ci siamo accorti che non eravamo gli unici: un
tizio sulla sessantina (calvo e con una barba grigia lunga) e una
ragazzina sui 18 anni stavano accorrendo nella stessa direzione.
L'uomo portava una carabina a tracolla, e Viola ha incoccato una
freccia non appena l'ha adocchiata.
“Fermi!”
e ci siamo bloccati a una ventina di metri da Goffredo. Loro hanno
fatto lo stesso.
“Oh-oh
calma” ha detto l'uomo alzando le mani. “Io... Non volevo, è
stato un incidente!”
“Giù
il fucile” ha detto Viola tendendo ancor di più l'arco. Lui se l'è
sfilato e l'ha appoggiato a terra. “Ora fai cinque passi indietro.”
Ha eseguito. La ragazza, invece, è rimasta immobile e la sfidava con
lo sguardo. “Anche lei. Subito.”
L'uomo
ha preso per mano l'adolescente ed entrambi si sono allontanati
dall'arma.
“Cris,
muoviti” e ha lanciato un'occhiata verso Goffredo che, lo notavo
solo ora, si era già messo a sedere.
“Ma
che diaboleria...” ha detto stringendosi la spalla destra con la
mano sinistra.
“Goffredo,
stai bene?” La parte destra della maglia era già piena di sangue.
“Fate
avvicinare mia figlia, può aiutarlo” ha detto l'uomo.
“Chi
siete?” ha chiesto Viola.
“Mi
chiamo Bruno, lei è Veronica. Sono un cacciatore, o almeno: lo
ero... Lei ha studiato a Canobbio per diventare soccorritrice, fatela
avvicinare: rischia di perdere troppo sangue!”
Viola
è rimasta in silenzio per qualche secondo, poi le ha fatto un cenno
con la testa.
Il
proiettile era entrato e uscito dalla spalla, per fortuna, le è
bastato disinfettare la ferita, tamponarla e fasciarla. Il braccio di
Goffredo dovrà rimanere a riposo per un bel po', e questa è una
brutta sfiga per il cammino che ci rimane da fare. Ma perlomeno
abbiamo trovato accoglienza, cibo e protezione.
Bruno
e sua figlia si sono fatti un riparo mica male, all'interno del
campanile di Intragna. Non avevo ancora incontrato nessuno che si era
barricato in una chiesa, e lui mi ha spiegato che il campanile più
alto del Ticino è indubbiamente un buon posto per tenere d'occhio la
valle – e colpire chi si avvicina troppo, ha sussurrato. Ci ha raccontato
che aveva scambiato Goffredo per uno di loro, dato che era vestito in
una maniera strana ed è rimasto immobile in mezzo a quel prato per
una decina di minuti buoni.
“Lo
mio intento era rifornir lo nostro gruppo d'erbe et gemme
medicinali”, si è giustificato lui.
Durante
tutta la serata, Veronica è rimasta in silenzio. Quando si è
allontanata per prendere nuova legna da buttare sul fuoco, Bruno ci
ha spiegato che da quando è iniziata l'invasione, si è via via
fatta sempre più silenziosa, fino a non parlare più.
L'ho
osservata di nascosto più volte, quella sera. Ha i capelli biondi,
lunghi e un viso che – nonostante la pelle molle e opaca dovuta
alla stanchezza – nasconde una luce, una speranza. Era tanto tempo
che non vedevo quella scintilla; forse dall'incontro con Viola, prima
che scoprisse che il suo fidanzato si era trasformato in uno di loro.
Veronica
è giovane, ma sa fare bene il suo lavoro. In questi tre giorni ha
cambiato la fasciatura a Goffredo ogni sei ore, se la cava mica male.
Stamattina mi è venuto in mente che sarebbe potuta essere una delle
mie allieve, di terza o di quarta. Una di quelle che pensa che la
vita sia ormai agli sgoccioli perché è appena stata scaricata da un
ragazzo.
Capivo
quel comportamento, quel mutismo. Si è trovata confrontata a
un'apocalisse che ha travolto tutto quello che aveva: vicini di casa,
amici, sogni. Senza alcun strumento per gestirla, se non una forbice,
qualche tubetto di crema e un po' di garza.
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