Giorno #66: Imprigionato.

Ci hanno fregato come dei pivellini.

Presi alle spalle, ci hanno stordito con un colpo ben assestato dietro le orecchie e ci hanno insacchettato le teste, per poi legarci le mani dietro alla schiena. Ci hanno fatti camminare tutti e tre per non so quanti chilometri, pungolati ai fianchi da bastoni aguzzi. E a ogni lamento, SCIAF, una scudisciata sulla spalla destra.
Mi sono lamentato molto poco durante il tragitto.
Ora mi trovo in una cella in pietra con la compagnia di una panca e tanta umidità. Non so dove sono gli altri, siamo stati separati. E dove sono, proprio non lo so. So solo che mi hanno fatto trovare il mio zaino all'interno della prigione e che il tizio qui fuori di guardia va in giro con stivali di pelle marrone, braghe e una cotta di maglia indossata su una maglia giallo zafferano con sopra impresso un castello rosso...
Aspetta, questo mi ricorda qualcosa.
Il tizio ha un barbone che gli copre più di metà della faccia, fino a ora non ha proferito una sola parola. Porta uno spadone alla cintola, e a giudicare dalla grandezza delle sue mani sa come usarla per bene. Non credo abbia bisogno di argomenti aggiuntivi.
La porta della mia prigione è in legno, con un'inferriata grande come un palmo di mano all'altezza del petto, riempita da sbarre nere in ferro battuto. I corridoi sono illuminati da torce appese al muro, i pavimenti sono in nuda roccia. Sembra di essere nel Medioevo. E se è così, o è rogo, o è decapitazione.

O peggio: tortura.

0 commenti:

Posta un commento