Poca
la strada macinata oggi, ma perlomeno abbiamo viaggiato leggeri.
Ce
lo ha imposto Goffredo stamane, poco prima di partire. Ha indicato
con un cenno della testa i nostri fucili e si è esibito in una
smorfia di disgusto che gli ha arricciato tutta la barba.
“Che
faceste voi villici con codeste nove armi dimoniache? Cedetele ora e
sposate l'arma bianca: subitanea, letale et perpetua”.
“A
dire il vero queste ci hanno salvato il culo più di una volta, là
fuori, caro il mio cavaliere” ho risposto.
“Interrogativo
non era, ma ordine” e si è messo a braccia conserte, osservandoci.
Viola
ha depositato il suo fucile mitragliatore e accarezzato la corda del
suo arco. “Dai, fai come dice”.
Sì,
ma così tornavo ai soliti e inutili coltelli! “Non ci sarebbe
un'arma anche per me, visto che non dispongo di molti mezzi?” ho
domandato abbandonando a terra il fucile a pompa.
“Armiere!”
ha gridato Goffredo e un giovane di al massimo diciotto anni nascosto
dietro un angolo si è fatto avanti. “Porgi al messere una bardica,
e sii lesto!”
Il
ragazzino è tornato dopo una trentina di secondi con un bastone di
legno sulla cima del quale era stata montata una mezzaluna, a mo' di
ascia. Mi ricordava quelle di Gimli il nano nel Signore degli
Anelli.
“Mi
aspettavo qualcosa di più grande, per sconfiggere un cantone pieno
di zombie...” ho mormorato a Viola.
“Non
per la pugna, ma per il longo cammino. Ti fornirà appoggio et
supporto” ha detto Goffredo prima di avviarsi verso la porta.
Trattato
come un vecchietto zoppo, io!
“E
tu?” gli ho chiesto inseguendolo. “Tu che arma ti porti?”
“Garzone,
è pronta?”
“Certo
cavaliere, eccola qui” e si è chinato verso una coperta che
sembrava abbandonata a terra. L'ha sollevata ed è spuntato un
mazzafrusto da gigante, composto da un legno di diametro di almeno
dieci centimetri e una sfera ferrata grande come una palla da
bowling. E anche il peso non doveva essere tanto dissimile, a
giudicare dal colore nero e dalla dimensione del punte.
Di
fronte a un argomento così chiaro, non ho detto più nulla. E siamo
usciti dal castello.
La strada percorsa non è stata tanta, ma con Goffredo come guida è stato tutto molto più semplice. Sembra prevedere i pericoli, percepisce quando è giusto muoversi e quando no, non abbiamo incontrato un morto vivente per tutto il giorno. E poi cammina veloce, non sembra ma è una freccia. E infine, dopo una prudente camminata sul lato settentrionale della strada cantonale che collega Bellinzona a Locarno, abbiamo trovato rifugio in una vecchia casa in pietra su al Curzútt di Monte Carasso, nei pressi di una vigna per miracolo già in fiore.
Abbiamo
fatto sopralluoghi nelle altre abitazioni, tutte disabitate e con ben
poco di utile – solo mobili scassati e spazzatura abbandonata
chissà quando.
Ma perlomeno dormiremo tranquilli, pronti per domani.
0 commenti: