Seconda
notte all'addiaccio, riprendo il discorso.
Abbiamo
seguito Massi attraverso una zona piena di ruderi (“Noi le
chiamiamo case matte”, ha detto), un posto di guardia con la sbarra
e una ramina. Eravamo attaccati al muro della caserma, dietro
l'angolo c'era il primo nugolo di zombie.
“Okay,
sentite” ha detto Massi sporgendo la testa, “l'entrata qui dietro
rimane sempre aperta perché c'è un cabinotto di controllo poco dopo
la porta. Ora: io ne vedo due vestiti da civili, ma penso ce ne sono
cinque o sei. Meglio fare piano. Vado avanti io, vi faccio segno.”
Massi
ha sguainato le spade e camminato con la schiena attaccata al muro
fino a loro. Io e Viola siamo usciti dal nascondiglio e gli siamo
andati dietro. I primi due li ho visti cadere – il corpo da una
parte, la testa dall'altra – mentre per gli altri ho dovuto usare
l'immaginazione, tra botte e il rumore delle lame che si infilavano
nelle carni. Quando l'abbiamo raggiunto, Massi ne aveva fatti fuori
altri tre. Oltre la porta, ce n'erano un paio vestiti con tute da
meccanico blu che sbavavano contro il vetro. Il cabinotto di legno
era vuoto.
“Sono
gli omini della caserma, quelli che ci pulivano gli scarponi. Non
creeranno problema.”
Ha
dato una spallata alla porta, con l'unico effetto di staccare per un
secondo le labbra di quegli schifosi dal vetro.
“Cazzo,
è chiusa!”
“Ma
non avevi detto che era sempre aperta?” ho chiesto.
“Avranno
fatto scattare il dispositivo di emergenza, che cazzo ne sapevo io!”
“Ragazzi,
muoviamoci” ha detto Viola. “Ne stanno arrivando altri.”
Ci
siamo voltati in contemporanea e dalla vicina piazza d'appello un
primo gruppo di otto-dieci morti viventi stava caracollando verso
noi.
“Chiusa
o non chiusa, bisogna aprirla” e ho dato anch'io una spallata.”
“Questo
non è vetro normale, è plexiglas” ha detto Massi. “Così non la
butteremo mai giù.”
Viola
ha teso l'arco. “Strade alternative?”
“Ho
le chiavi della saracinesca del parco veicoli interno, comunica
direttamente dai magazzini.”
“Passiamo
da lì” ha detto lei, e ci siamo messi in cammino.
Gli
zombie hanno aumentato il passo, sembrava che il vederci così in
forma e scattanti li aizzasse ancora di più. Abbiamo aggirato
l'edificio e siamo arrivati davanti al garage, una trentina di morti
viventi a una cinquantina di metri da noi.
“Presto,
presto!” ho detto.
Massi
si è piegato e ha inserito la chiave giusta al primo colpo. Ha
sollevato la saracinesca di una trentina di centimetri e siamo
scivolati dentro, poi l'ha richiusa.
Era
buio pesto là dentro.
Dopo
qualche secondo i primi morti viventi hanno iniziato a picchiare
sulla lamiera che al momento sembrava reggere, ma chissà per quanto.
Dovevamo muoverci.
“Cerchiamo
di vederci qualcosa” ha detto Massi e ha estratto lo Zippo.
La
pietra focaia ha generato una fiammella, facendo un po' di luce
intorno. Eravamo davanti a un Duro, al posto di guida non c'era
nessuno.
“Dietro
di te!” ha urlato Viola e Massi si è voltato di colpo, spegnendo
la fiamma. Ho sentito qualcuno crollare terra e poi una serie di
colpi sordi – lo stava finendo a pugni.
Lo
Zippo si è riacceso, Massi aveva le mani e la giacca della mimetica
schizzate di sangue.
“Merda!”
ha detto, prima di sputare a terra.
Ho
tirato un respiro di sollievo. “Ci è mancato poco, eh?”
Ma
lui non ha detto niente. “Muoviamoci, c'è poco tempo.”
Devo
interrompere, la batteria sta al minimo. Speriamo di trovare una casa
con un generatore o qualche pannello elettrico, ho bisogno di
elettricità-
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