Alla
fine è stato lui a sorprendere noi.
Quando
siamo entrati nella cascina con le armi in pugno, l'unica persona
presente era Viola, addormentata su una brandina sistemata in un
angolo. Non era legata e non aveva segni sul volto o sulle braccia; a
giudicare dal respiro calmo e regolare, non doveva nemmeno esser
stata drogata. Io e Massi ci siamo voltati per andare a cercare il
tizio fuori quando ce lo siamo trovati davanti, con un cinghiale
morto sulle spalle e una fondina alla vita.
“Finalmente!
Iniziavo a preoccuparmi”, ci ha sussurrato prima di scansarci ed
entrare. “Comunque io sono Jack” e ha appoggiato la preda sul
tavolo. “Usciamo, dobbiamo parlare”.
Ci
ha spiegato tutto. Delle barricate nella sua casa di Taverne, degli
armadi pieni di provviste, dei lavori sull'Harley Davidson “dopo
aver visto Planet Terror: che figata quel film!”
“E
come mai non sei subito scappato da queste parti?” ho chiesto.
“Poche
munizioni. Un caricatore con 300 colpi per la Gatling, una ventina di
proiettili per la Smith & Wesson. Nient'altro.”
“Ma
avevi l'armeria a due passi, sarebbe stato facile!” ha detto Massi.
“Lo
so, conoscevo bene il proprietario. Ma pensavo che la saracinesca
fosse abbassata! Lo faceva sempre, quando chiudeva.”
“Non
ne avrà avuto il tempo” ho detto pensando a Massi che gli apriva
un nuovo chakra in fronte. Meglio non approfondire. “E Viola, come
mai si è bloccata davanti a quello zombie?”
“Abbiamo
parlato molto poco in questi giorni, ha dormito per quasi tutto il
tempo. Doveva essere stanca morta, poverina. Ma da quello che ho
capito, era il suo fidanzato.”
Quello
di Castel San Pietro.
“Se
l'è trovato davanti e si è bloccata. Se non fossi intervenuto, non
ce l'avrebbe mai fatta.”
La
porta della cascina ha cigolato, Viola è uscita stirandosi. “E
finalmente, ce ne avete messo di tempo.”
Abbiamo
mangiato insieme carne di cinghiale e discusso per il resto del
pomeriggio.
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