Giorno #47: Il Vecchietto della Gatling.



Tra tutti i modi in cui credevo avrei potuto perdere un compagno di viaggio, oggi è successo qualcosa di imprevedibile. E inspiegabile, a dirla tutta.

Ci siamo diretti verso l'armeria di primo mattino, aiutati dal tempo che finalmente si è fatto mite. Ci siamo avvicinati al nucleo di Taverne per gradi, due passi in avanti e uno indietro, la testa in continua rotazione a destra e a sinistra, a sinistra e a destra. La via Santa Maria Maddalena era deserta – un altro motivo per essere ancor più prudenti.
Se qualcosa può andar storto...” mormoravo in ricordo di Murphy, forse l'unica legge ancora vigente sulla Terra.
E invece siamo arrivati davanti all'armeria senza incontrare un ostacolo, la via era del tutto libera. Il negozio non era stato chiuso con la saracinesca, ma la porta di vetro era comunque sbarrata.
La apro io, sarà un giochetto” ha detto Massi. “Viola, tu controlla il lato in direzione nord, recluta, tu quell'altro. Farò meno rumore possibile.”
Perché sei tu a entrare?” ho chiesto.
Lui ha scosso la testa. “La conosci la differenza tra un Remington e un Winchester?” Stavolta l'ho scossa io, la testa. “Ecco, appunto.”
Però almeno lasciami il fucile.”
Lui ha trasformato gli occhi in due fessure. “Io il mio Fass non l'ho mai dato nemmeno a mia madre”.
Ma è una questione di sicurezza. Viola ha il suo arco, un'arma a lunga gittata. Se gli zombie dovessero sorprendermi, potrei rallentarli solo nel corpo a corpo, verrei travolto e in pochi secondi ti troveresti accerchiato. Dubito che il negozio abbia una porta sul retro, così rischi di venir sovrastato anche tu. E in uno spazio così ridotto, con uno di quei branchi, non avresti molto scampo. Te la ricordi l'armeria di Agno, no? Nemmeno con tutte le armi presenti là dentro ce la faresti.”
Mi ha fissato per una decina di secondi buoni, poi mi ha allungato il fucile. “Se gli fai qualcosa, io farò lo stesso a te. E non sprecarmi le munizioni.”
Io e Viola ci siamo messi in posizione, Massi si è avvolto la giacca attorno al gomito e spaccato il vetro inferiore della porta. Il rumore è stato minimo; è sgusciato dentro e ho tirato un respiro di sollievo.
Un solo respiro però, perché pochi istanti dopo ha iniziato a fare un baccano della malora e ha pure infranto un grosso vetro, forse una vetrinetta.
Ma che fa?” ho sussurrato a Viola. Lei ha alzato le spalle.
Poi sono partiti due colpi di arma da fuoco – ho teso ogni muscolo, in attesa. L'ondata ci ha messo poco a formarsi in fondo alla strada, sono usciti tutti insieme dai vicoli.
Mi sono voltato. “Viola, tra meno di due minuti ce li abbiamo addosso.”
Lei ha teso l'arco. “Sì, anche da me stanno arrivando. Chiama Massi, dobbiamo muoverci.”
Sono corso alla porta e ho bussato. “Dobbiamo andare, stanno arrivando!”
Lui mi ha raggiunto con in mano un borsone colmo di roba, due fondine sotto le ascelle, una al fianco e tre fucili a tracolla.
Si fa buona spesa qui dentro, ci devo tornare.”
Gli ho piazzato la faccia a cinque centimetri dalla sua. “Ma perché tutto quel casino, ci hai messo nella merda!”
Lui ha fatto schioccare la lingua. “C'era ancora il gerente, mi si è aggrappato alla schiena e non ho potuto estrarre le spade. Me la sono cavata con un paio di pillole da 9 millimetri. Dai, andiamocene.”
Abbiamo infilato una vietta laterale e siamo saliti lungo una scala, raggiungendo la strada superiore, vicolo San Carlo. Quando mi sono voltato, l'orda non era ancora in vista.
Attento!” mi ha gridato Viola e ho scansato all'ultimo secondo un morto vivente che mi stava venendo addosso. Lei lo ha infilzato con una freccia nell'orbita e ha fatto lo stesso con una donna vestita solo di una gonnella e dai capelli rattrappiti. “Salite, presto. Io recupero le frecce.”
Ho preso il borsone dalle mani di Massi e insieme abbiamo iniziato a fare la salita. Dopo una trentina di metri ci siamo voltati: Viola stava sfilando il secondo dardo dal cervello della donna. A pochi metri da lei stava arrivando un'altra mandria, preceduta da un giovane dai capelli bruni e il ciuffo sparato all'insù che sembrava avere una marcia in più. Lei ha teso l'arco in sua direzione.
Fa fuori questo e ci raggiunge, ho pensato. Così ci leva di mezzo la lepre del gruppo.
Ma è rimasta immobile, la freccia incoccata. Lo zombie era a meno di tre metri da lei. Cosa stava aspettando?
Non ce la fa, lo abbatto io!” ha detto Massi alzando il Fass, ma ho tenuto giù la canna.
Rischi di colpirla!”
Il rumore di due spari esplosi a qualche metro d'altezza si è propagato nell'aria, lo zombie è crollato a terra. Abbiamo subito alzato la testa verso il primo piano delle case nel vicolo.
Ma chi cazzo è stato?” ha detto Massi.
Intanto l'orda si faceva sempre più vicina, Viola ancora immobile e con la testa china verso il morto vivente abbattuto. Si è aperto un garage alla sua sinistra, un rombo ha riempito la strada ed è spuntato fuori un tizio in sella a una Harley-Davidson, con una mitragliatrice Gatling montata sul davanti. Si è piazzato a mezzo metro da lei e ha fatto fuoco: gli zombie sono caduti come birilli, dilaniati dalle pallottole all'altezza del petto.
Quando l'arma ha smesso di sputare piombo, l'uomo si è passato una mano sui capelli. Erano grigi, lunghi fino alle spalle, un paio di treccine annodate sulle tempie. Era sulla sessantina. Ha allungato una mano verso Viola ma non ho capito cosa le ha detto, la canna rotante girava anche senza sperare e faceva ancora troppo rumore.
Lei è salita a bordo, l'uomo ha tirato il freno posteriore e ha girato la moto sgommando, lasciando metà copertone posteriore sul selciato. Ha accelerato e ci ha superato in velocità, montando la via in salita. I morti viventi intanto stavano spuntando anche dalla scalinata, dovevamo muoverci.
E ora cosa facciamo?” ho chiesto a Massi.
Proseguiamo” e ha dato una pacca ai tre fucili sulla schiena. “Con questi, non abbiamo bisogno di nient'altro”.

Mentre riflettevo su quelle parole e correvo dietro di lui, sentivo il rombo della moto allontanarsi sempre di più. Fino a quando è scomparso.

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