All'aeroporto,
quel sabato, è successo un casino. Ed è per questo che non sono
riuscito a scrivere sino a oggi.
Quando
siamo scesi dal Saab 2000 io, Massi e Viola ci siamo subiti resi
conto che il nostro tentativo di depistaggio nei boschi non era
andato a buon fine. Il perimetro dello scalo, tutte le recinzioni in
direzione di Agno... Erano piene di zombie.
Siamo
tornati a bordo e abbiamo recuperato gli zaini con le asce, i
coltelli e un paio di piedi di porco che avevamo trovato vicino agli
hangar.
“Venite,
c'è bisogno di tutti!” ha urlato Viola prima di ridiscendere la
scala, poi ci siamo involati verso il lato che dava sulla Migros,
quello più affollato. Non ne avevo mai visti così tanti insieme, e
quando ci hanno visti arrivare sono come impazziti. Da quella parte i
pali delle ramine non avevano la base in cemento, erano semplicemente
fissati a terra. Le sbarre pendevano in diagonale verso noi, la
spinta sulla rete doveva essere pazzesca.
Abbiamo
iniziato a colpire alla testa quelli in prima fila per allentare la
pressione, ma quelli dietro si facevano sempre più sotto e non
sembravano non finire mai. Quando mi sono voltato per vedere se
Jessica e Federico stavano arrivando, ho visto l'aereo muoversi.
“Cazzo,
se ne vanno!”
“Ma
di che parli, recluta?”
“Jessica
e Federico, volano via!”
“Merda!”
ha detto Viola.
Abbiamo
abbandonato il perimetro e siamo corsi verso l'aereo che era già sul
limite della pista e stava virando per allinearsi.
“Fermi,
fermi!” abbiamo gridato sbracciandoci, ma i motori sono saliti di
giri e ha gradualmente preso velocità.
“Bastardi!”
ha urlato Massi e ha esploso un paio di colpi verso la carlinga. Mi
sono voltato: i morti viventi si sono agitati ancor di più, i pali
ondeggiavano.
Ormai
il rumore dei motori riempiva tutta la pista, ma a metà strada il
carrello dell'aereo ha travolto gli zombie che avevamo ammucchiato
sul cemento il primo giorno. Sembrava aver perso molta velocità, ma
ha proseguito la sua corsa.
“Non
ce la faranno mai!” ho detto.
L'aereo
non si è staccato da terra in tempo e le ruote hanno iniziato a
solcare l'erba. Il muso ha travolto tutto – pali elettrici e
recinzione, fino a concludere la sua corsa contro degli alberi.
Qualche secondo dopo, ha preso fuoco.
“Se
quello esplode, ci sommergono” ha detto Massi. “Muoviamoci,
veloci!”
Siamo
corsi in direzione dell'aereo, dal varco ne erano già entrati almeno
una ventina. Abbiamo deviato a destra e abbiamo creato un passaggio
con le tronchesi. La strada era più affollata di quando eravamo
arrivati, dovevamo distanziarli. Abbiamo seguito il corso del fiume
fino a quando abbiamo trovato un cavo di metallo sospeso.
“Via
le cinture, se raggiungiamo l'altra riva non ci raggiungeranno” ha
ordinato Massi.
Abbiamo
eseguito e Viola si è arrangiata con un bracciolo dello zaino. Una
volta attraversato il fiume, l'aereo è esploso. Non abbiamo perso
neanche due secondi a osservare il fumo che saliva al cielo e a chiederci se Jessica e Federico si fossero salvati; abbiamo
proseguito di corsa verso nord fino ad arrivare all'altezza della
SUPSI di Manno.
“Dobbiamo
girare verso la collina, lo svincolo autostradale è sicuramente
infestato” ho detto agli altri.
Abbiamo
tagliato la zona industriale in due e ci siamo addentrati nel bosco
in direzione di Cademario. Abbiamo quindi proseguito per Breno, dove
siamo rimasti per due giorni in una casa fuori dal nucleo, discostata
dalle altre.
Abbiamo
ripreso il cammino in direzione nord, verso Fescoggia e Vezio. Oggi
avremmo dovuto proseguire, ma il rumore delle sirene nel primo
pomeriggio ci ha bloccati in una villetta con pure la piscina.
“Forse
hanno attivato il sistema di allarme, forse stanno preparando un
intervento” ha detto Massi.
Ma
la speranza è durata pochi secondi.
“Temo
che sia una semplice prova, già programmata dalla fine dell'anno
scorso” ho detto con lo sguardo perso fuori dalla finestra.
Domani
ripartiamo.
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